DAL SITO BARBABLOG DI DARIA BIGNARDI
Se teniamo tanto alla privacy, perché fotografiamo e mostriamo a mezzo mondo il nostro piatto al ristorante?
Posto che non credo che alla National Security Agency importi qualcosa dei nostri messaggini «Mi manchi» o «Porta giù il cane quando torni» o «Buongiorno principessa», e che delle procedure di sicurezza internazionale non sappiamo niente (conosciamo poco e male le notizie che dovrebbero essere pubbliche, figuriamoci le informazioni segrete), è difficile non prendere istintivamente le parti del giovane Edward Snowden, l’analista che ha denunciato lo «spionaggio» da parte dell’americana Nsa su molti sistemi di comunicazione online.
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La vicenda probabilmente la conoscete, e mentre scrivo Snowden, dopo che gli Stati Uniti hanno richiesto il suo arresto, sarebbe in aeroporto a Mosca, in attesa di sapere se potrà avere asilo politico dall’Ecuador, come Julian Assange prima di lui.
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Da che parte stanno, i nostri cuori cinematografici, se su un fronte c’è il potentissimo gigante e dall’altra il giovane coraggioso «con un alto senso morale di cosa è giusto e cosa è sbagliato», come ha detto di lui il padre della sua fidanzata? Ovviamente col secondo. Ma mentre nel mondo infuria il dibattito su se Edward Snowden sia un eroe o un criminale, la riflessione interessante per noi mi sembra quella sulla privacy ai tempi dei social network.
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Una questione contraddittoria. Da un lato pretendiamo diritti assoluti sulla nostra privacy, dall’altro siamo ossessionati dal far sapere a tutti e nei dettagli, con tanto di foto e indirizzi, dove siamo, che cosa mangiamo, che cosa facciamo, di che umore siamo e che gusti abbiamo. La mia amica Ilaria, mentre il fidanzato fotografa i piatti che stanno mangiando al ristorante per twittarli al mondo, lo supplica di togliere almeno il localizzatore dell’iPhone: niente da fare. Su Facebook seguiamo ogni istante, pensiero, movimento ed emozione dei nostri amici e conoscenti: a che ora si sono svegliati, quanta voglia hanno di andare a lavorare, che scarpe hanno scelto di indossare, che tempo fa fuori dalla loro finestra, e così via fino al momento di andare a letto. Una continua, imponente sessione di masturbazione narcisistica. O il desiderio di sentirsi meno soli?
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In ogni caso, la privacy sembrerebbe l’ultimo dei nostri problemi. La chiave sta nella nostra libertà di scelta. Se sono io a decidere di twittare il mio nuovo taglio di capelli, va bene, se il parrucchiere o un passante mi fotografano a mia insaputa e lo mettono in Rete, mi indigno. La Rete ha bisogno di regole, o meglio, ha bisogno che vengano applicate quelle che già esistono.
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Non posso fare a meno, in queste ore, di pensare a un eroe vero: chiuso in carcere, sotto stretta sorveglianza, per ventisette anni, Nelson Mandela ha sempre pensato come un uomo libero. Lungo cammino verso la libertà, la sua autobiografia, è una lettura appassionante, che vi consiglio. Ricordo di aver pensato, quando l’ho letta, quanto la nostra libertà dipenda dal nostro pensiero. Possono controllarci, ma se ci sentiamo persone integre e libere, e ci comportiamo come tali, sarà più difficile farci rubare la libertà.
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