venerdì 1 maggio 2015

Fotografi emergenti, il talento non è abbastanza: «Serve disciplina»






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Fotografi emergenti, il talento non è abbastanza: «Serve disciplina»

«Oggi vivere di fotografia è sempre più difficile», spiega Silvia Lelli, per diciassette anni fotografa ufficiale del Teatro alla Scala e oggi coordinatrice del Master in Fotografia dello Ied. «Chi oggi vuole diventare fotografo deve sviluppare competenze tecniche a trecentosessanta gradi, diventando imprenditore di se stesso».
Valerio Bassan





«Oggi il mercato della fotografia è in crisi. Negli ultimi decenni, con l'avvento del digitale, il prezzo delle foto è sceso molto e le cifre cui si vendeva prima sono crollate. I mensili comprano meno reportage e, se da un lato nella nostra società l'immagine sta conquistando sempre più importanza, sui giornali alle fotografie è destinato uno spazio sempre più piccolo». Silvia Lelli, per anni fotografa ufficiale del teatro alla Scala di Milano e oggi coordinatrice del Master in Fotografia dello Ied, traccia un quadro tutt'altro che positivo dello stato di salute della fotografia nel nostro Paese.

Eppure, sostiene, i fotografi non si trovano davanti a un vicolo cieco: con determinati accorgimenti e parecchia costanza, lavorare dietro l'obiettivo oggi è ancora possibile. Il trucco è sapersi adattare alle trasformazioni del mercato: «Il fotografo deve accettare il cambiamento e cercare di interpretarlo nel miglior modo possibile», spiega Lelli. «Per chi si stesse avvicinando alla professione, deve sapere che non sarà facile: ci vuole impegno, oltre ad una buona dose di talento».

Ma oggi si può campare di fotografia?
Di sola fotografia, no. Chi oggi vuole lavorare nel settore deve diventare un professionista completo, in grado di garantire al cliente una serie di servizi che va dallo scatto alla stampa. Oggi lavora chi, oltre a fotografare, se la cava anche con i video, con l'impaginazione, con il fotoritocco ed è in grado di realizzare un sito web. Ecco perché ai giovani fotografi consiglio spesso di lavorare in team: così ognuno può completare l'altro, esprimendosi al meglio nel settore in cui è più forte. Il cliente deve sapere che può contare su una squadra professionale, in grado di lavorare a 360 gradi sulla sua richiesta. Comunque, chi fa il fotografo deve sapere che non diventerà mai ricco, questa non è una professione che si fa per soldi. Spesso, tutto quello che si guadagna viene reinvestito in nuove attrezzature. Fare il fotografo è, piuttosto, una scelta di vita.

Cosa consiglia ai ventenni che si stanno avvicinando alla fotografia?
Il mio primo consiglio è di fare almeno un triennio universitario, per creare laforma mentis necessaria all'individuo per organizzare il proprio lavoro. Meglio se un percorso legato al marketing, dato che il fotografo deve diventare sempre di più l’imprenditore di se stesso. Bisogna imparare a proporsi in modo appetibile nel mercato del lavoro. Il secondo consiglio è quello, abbastanza ovvio, di nutrirsi di fotografia: frequentare mostre, sviluppare un senso critico dell'immagine, assorbire stimoli dai maestri e tradurli nell'impulso di scattare. E ricordarsi che, per iniziare a lavorare davvero, ci vogliono almeno cinque anni di gavetta.

Come si lavora a un progetto fotografico?
Bisogna crederci fermamente per portarlo a termine. È un lavoro faticoso e difficile, che richiede impegno: un fotografo non può alzarsi dal letto alle undici di mattina. Io vedo alcuni ragazzi che vorrebbero fare questo mestiere, ma non scattano mai. Non va bene! Devi sentire sempre la necessità di scattare se vuoi fare questo lavoro. Altrimenti è come chi vuole diventare scrittore ma non riesce a superare il foglio bianco. Al fotografo capita spesso di avere momenti di sconforto, in cui gli sembra di non avere più nulla da fotografare. Ma non si deve arrendere. Deve forzare se stesso, sottoporsi a nuovi stimoli. Vedere mostre, leggere poesie, cercare l'ispirazione altrove. Bisogna coltivare le proprie idee, pungolare la fantasia. Questo è un percorso doloroso ma necessario. Io ho una certa età, ma ancora non riesco a realizzare tutto quello che ho in testa…

Con la diffusione a buon mercato delle reflex, oggi diventare fotografo sembra essere più facile. Secondo lei questa diffusione massiccia e talvolta abusata del mezzo è un bene per la fotografia o rischia di abbassarne il livello artistico?
Fare foto oggi è facilissimo, basta un cellulare. È in atto un vero e proprio boom del mezzo. Questa espansione, però, non è destinata a durare per sempre. Poco tempo fa, un dirigente Canon mi diceva che la crescita proseguirà ancora per cinque anni, poi ci sarà una stasi. Per tornare alla sua domanda: quando cominci a lavorare, ti rendi conto che è la qualità che paga. I clienti cercano sempre prestazioni professionali, vogliono la qualità. Non basta possedere una macchina fotografica e pubblicare qualche scatto in internet per definirsi un fotografo.

Cosa ne pensa del fotoritocco?
Se fatto con competenza, ne penso tutto il bene possibile. Lo si faceva già ai tempi della pellicola, con un pennellino e altri strumenti. Oggi, semplicemente, è diventato accessibile a tutti grazie a Photoshop. Ma anche lì bisogna fare attenzione, perché è veramente difficile fare un buon ritocco.
Ci segnala qualche fotografo emergente che ritiene particolarmente meritevole?
Ce ne sono tanti. I primi che mi vengono in mente sono Stefano Vigni, che si occupa di reportage, Andrea Messana, fotografo di spettacolo e Serena Serrani, specializzata in food photography.