sabato 22 marzo 2014

fotografie che hanno cambiato il mondo. E noi


DAL BLOG...

Esistono fotografie in grado di toccarci il cuore, di farci emozionare, indignare. Foto che ci rendono fieri o che ci riempiono di vergogna. Foto che raccontano la storia, le persone, le sofferenze, le speranze. Fotografie che non hanno bisogno di descrizioni o di parole e che, semplicemente con quello che sono, sono in grado di raccontarci qualcosa. Fotografie che hanno fatto la storia, fotografie che hanno cambiato il mondo. Fotografie che hanno cambiato anche noi e che hanno permesso, in molti casi, di far vedere a tutti ciò di cui l’uomo è capace, nel bene e nel male.

Questa raccolta di 37 immagini scattate da nomi celebri della fotografia mondiale vuole essere solo un piccolo insieme, un omaggio alla memoria di quanti hanno sofferto o gioito nei momenti raccontati dalle immagini. Conscio ovviamente che questa raccolta, di immagini, dovrebbe contenerne mille e non solo una manciata.


Dorothea Lange

Un’immagine simbolo della grande depressione in America del 1936.


Alfred Eisenstaedt

14 Agosto del 1945, il Giappone si arrende agli Stati Uniti. Durante i festeggiamenti viene fotografato il bacio simbolo di quel periodo tra un marinaio ed un’infermiera.


Elliot Erwitt

1950. In North Carolina l’apartheid è anche nelle piccole cose.


Robert Capa

Guerra civile Spagnola, un soldato cade ucciso. 1936.


Steve McCurry

Sharbat Gula è uno dei volti più noti della storia, grazie ad una foto di McCurry presa nel 1984.


La prima foto della storia – Joseph Niepce

La prima foto della storia. Un pezzo di storia. Era il 1826.


Robert Capa – sbarco in Normandia

1944, immagine dello Sbarco in Normandia


Josef Koudelka

1969, la primavera di Praga


Arthur Sasse

Genialità ed ironia. La foto che Einstain regalò a Sasse il giorno del suo 72esimo compleanno.


Charles Ebbets

Fotografia scattata durante i lavori di realizzazione dell’Empire State Building


Buzz Aldrin

20 luglio 1969 Neil Armstrong posò il suo piede sinistro sul suolo roccioso della Luna.


Claude P. Dettloff

Una lunga fila di soldati sta marciando verso un treno che li porterà la fronte quando, un bambino di cinque anni (Whitey Bernard) scappa dalla madre per dare un ultimo saluto al padre.


Nick Ut

Al centro della foto vi è Phan Thi Kim Phuc, una bambina vietnamita di 9 anni che corre e urla terrorizzata per le ustioni inferte dal napalm.


Rocco Morabito

Lo scatto, datato 1967, immortala il tentativo (riuscito) di salvataggio di J.D. Thompson su Randall G. Champion. Quest’ultimo toccò per errore un cavo dell’alta tensione(4000 volt) che gli valse un arresto cardiaco. Thomson, grazie alla respirazione bocca a bocca, gli salvò la vita.


Jeff Widener

5 giugno 1989. Un abitante di Pechino arresta i carri armati scesi in piazza per fermare le proteste scoppiate in Cina.


Murray Becker

Il 6 maggio 1937, ore 19:25, il dirigible Hindenburg prese fuoco e venne completamente distrutto in appena 1 minuto.


Freddy Alborta

E’ il 1967 e Che Guevara è morto. Un ufficiale se ne accerta.



hiroshima

La devastazione dopo la bomba atomica del 6 agosto 1945. Una foto del giorno dopo mostra gli effetti devastanti dell’ordigno che spazzò, in un attimo, tra le 100.000 e le 200.000 vite.


US Air Force

Il fungo atomico sopra Nagasaki, 1945


Malcom Browne

Saigon, 11 giugno 1963. Il monaco Thích Quảng Ðức si diede fuoco per protestare contro l’amministrazione del presidente del Vietnam del Sud.


Mathew Brady

1863: i morti sul campo durante la guerra civile americana


Marty Lederhandler

E’ l’11 settembre 2001. Due aerei si schiantano sulle Torri Gemelle di New York. Morirono circa 3000 persone, inclusi 19 dirottatori.


Ian McMillan

Probabilmente la copertina discografica più famosa in assoluto (Beatles – Abbey Road, 1969)


NASA

28 Gennaio 1986: esplode la navetta Challenger. E’ l’inzio della fine dei viaggi spaziali con gli Shuttle.


Richard Drew

Furono circa 200 le persone che si lanciarono dalle Torri Gemelle nel disperato tentativo di sfuggire alle fiamme. Un salto nel vuoto senza speranza. Era l’11 settembre 2001.


Massoud Hossaini

6 Dicembre 2011, la foto mostra la piccola Tarana Akbari, 12 anni, che urla in mezzo ai cadaveri dei suoi parenti dilaniati da un attentato suicida in Kabul.


Renzo Pistone

Il 29 Aprile del 1945 il copro di Benito Mussolini e di Claretta Petacci vennero esposti in Piazza Loreto, a Milano.


Kevin Carter

Gli effetti della carestia in Africa, in uno scatto del 1994.


Esecuzione di un ebreo in ucraina – fotografo sconosciuto

L’esecuzione di un Ebreo, in Ukraina, direttamente nella fossa comune. 1941


Eddie Adams

Un Vietcong ucciso a Saigon dal capo della polizia. 1968.


Frank Fournier

1985, la tragedia di Armero in Colombia. Ultimi istanti di vita della bambina immortalata nell’immagine.


Carol Guzy

1999, si scappa dal Kosovo e dalla sua guerra. Un bambino viene messo in salvo attraverso la recinzione spinata.


Conrad Schumann

15 Agosto 1961. Un soldato attraversa un blocco stradale per scappare dalla Germania Est nell’Ovest.


Charles Moore

1962, a Birmingham, la popolazione di colore è vessata dai bianchi.


will counts

1957, Little Rock. La prima ragazza di colore a studiare presso un istituto scolastico. La ragazza nella foto, Elizabeth Eckford viene insultata dagli altri allievi bianchi.


Darren Whiteside

Banda Aceh, 29 Dicembre 2004. Thailandia. Lo Tsounami miete migliaia di vittime che giacciono per terra mescolati a rottami di tutti i tipi.


abu ghraib.
Abu Grahib, 2004. Una prigione americana in Iraq che ha fatto scandaloafie che hanno cambiato il mondo. E noi

sabato 15 marzo 2014

Cuba: un viaggio nel tempo



dal sito



Cuba: un viaggio nel tempo, testo e foto by Fdise.

Chi l'ha detto che la macchina del tempo esista solamente nei sogni dei bambini (e non solo) o nei film di fantascienza? Per chi scende dall'aereo diretto all'Havana, la prima sensazione è forse quella di sbarcare negli anni '60, così come li abbiamo visti in qualche film dell'epoca la domenica pomeriggio o in "Happy Days" subito prima di cena. Addentrandosi a l'Avana Centro o l'Avana Vieja, due dei quartieri della capitale più frequentati dai turisti, si incrocia un traffico tanto variopinto quanto variegato. Le dissestate strade del centro brulicano di taxi, bici-taxi e coco-taxi. Se le bici-taxi possono essere paragonate agli oramai noti tuktuk, i coco-taxi sembrano dei tuktuk a motore caratterizzati da una inconfondibile copertura tonda e gialla. I taxi, poi, spaziano da vecchie carrette anni '50 mai più riparate a poche moderne e fiammanti macchine russe o cinesi, passando per sfilate di Chevy d'epoca tirate tanto a lucido che sembrano appena uscite dal concessionario.






Una casa diroccata nel quartiere di Habana Vieja

La perfetta pavimentazione delle principali arterie turistiche cozza con il totale dissesto delle strade proprio dietro l'angolo; il minuzioso restauro degli edifici di interesse nazionale -portato avanti grazie ai finanziamenti dell'UNESCO che ha riconosciuto Habana Vieja patrimonio dell'umanità- stride con l'abbandono e il decadimento della maggior parte dei palazzi della città, alcuni oramai lasciati all'edera, altri tuttora abitati. Il pian terreno di una vecchia casa sventrata, di cui si intuisce solamente la struttura portante e il vano scale, diventa un piccolo mercato di quartiere o un garage statale; gli ascensori un tempo sintomo di benessere e modernità si trasformano in vecchie scatolette di latta tenute insieme da scotch e cartoni. Ai privati mancano soldi e incentivi per la regolare manutenzione, e lo Stato -nel tempo- ha sempre avuto altro a cui pensare: l'embargo, il crollo dell'URSS, la crisi economica, il "periodo especial", il colera.

Si capisce chiaramente che la città che un tempo brillava di luce propria, oramai fa fatica anche solo a brillare di luce riflessa. Nei campi si ara con i buoi; sull'unica autostrada le poche auto moderne superano le auto d'epoca che quasi perdono pezzi -ovviamente prive di sospensioni e cinture di sicurezza-, le poche moto superano i viaggiatori a cavallo che procedono sul ciglio della strada.






Sguardi


Spiragli verso una nuova rivoluzione (digitale e non)

Nonostante qualcuno inizi a parlare di una rivoluzione digitale, Cuba appare tremendamente arretrata anche dal punto di vista tecnologico. Il governo cubano cerca di controllare sia i contatti dei suoi cittadini con il resto del mondo che il flusso di informazioni, in entrata così come in uscita. C'è un solo giornale (quello del Partito), i telegiornali passano sulle poche emittenti (statali), la connessione internet è estremamente lenta e costosa, per avere un banale indirizzo email o per poter possedere un telefono cellulare bisogna chiedere le dovute autorizzazioni. I prezzi sono proibitivi: 4.5$ all'ora per internet, 0.45$ per minuto di conversazione al cellulare.

Nel 2008 El lider maxìmo, come viene chiamato Fidel Castro, per motivi di salute, ha lasciato la guida del paese al fratello minore, Raul, che ha cominciato ad introdurre a poco a poco alcune significative novità. Proprio a partire dal 2008 è stata liberalizzata la vendita di computer, telefonini ed elettrodomestici (per i cubani, fino all'anno precedente, era illegale possedere un telefono cellulare). Dal 2010, invece, il governo cubano ha cominciato a permettere alcune forme di imprenditoria privata, e dall'anno successivo le banche possono concedere, per la prima volta, micro-crediti agli agricoltori privati. Sempre nel 2011, sono state eliminate le restrizioni sulla compravendita di case ed automobili, fino ad allora proibiti. Infine, una delle ultime riforme più rilevanti è stata introdotta il 14 gennaio 2013: è stato concesso ai cubani di poter uscire dal paese senza dover chiedere un visto appositamente; ciononostante, il costo del viaggio resta estremamente alto per le tasche dei cubani e la stragrande maggioranza delle persone con cui ho avuto modo di parlare non aveva mai lasciato il paese.






Sulla porta di casa


Quando si preferisce essere disoccupati..

Una delle domande che molto probabilmente si saranno posti un po' tutti visitando Cuba è come facciano i cubani a vivere con i loro stipendi?!

Immaginavo infatti che i cubani non avessero certamente degli stipendi molto elevati, ma sicuramente non avrei neppure potuto immaginare che un qualsiasi bambino italiano, con la paghetta di mamma e papà, potesse guadagnare più di un lavoratore medio a Cuba! Sì, è proprio così, non avete letto male. Il salario medio di un impiegato statale si aggira infatti intorno ai 15$ al mese, ovvero circa 11,40€. Ovviamente c'è anche chi se la passa peggio, come ad esempio un contadino di Vinales, cittadina al nord di Cuba, che mi ha raccontato di percepire dallo Stato uno stipendio mensile di 10$, circa 7,60€. Chi se la passa, per modo di dire, meglio sono sicuramente i medici che, con i loro circa 30$ al mese, sono i lavoratori cubani con gli stipendi più alti dell'isola.






Il venditore di avocado

Il problema dei bassissimi salari è strettamente correlato al sistema monetario di Cuba. Sull'isola infatti circolano due monete differenti: la Moneda Nacional (MN) -comunemente chiamata Peso-, e il Peso cubano convertibile (CUC) -chiamato CUC o Convertibles-. I cubani ricevono il salario inMoneda Nacional e il cambio è 25MN = 1CUC = 1$. Il CUC venne introdotto agli inizi degli anni '90, ma cominciò effettivamente a circolare solamente nel 2004, quando il dollaro americano venne ufficialmente bandito nei negozi cubani.
Il mercato è quindi fondamentalmente diviso in due: i beni di primissima necessità, quali farina, riso, pane, frutta, verdura e poco altro (l'acqua ad esempio non rientra tra questi), vengono venduti in Pesos con prezzi abbastanza proporzionati agli stipendi locali; al contrario dei beni cosiddetti "di lusso" -mobili, penne, quaderni, libri, sapone, benzina, ristoranti- che si pagano in CUC e hanno prezzi a volte più alti che in Italia. Il disagio della popolazione cubana risulta palese quando si realizza che guadagnano 10CUC al mese, una penna costa 0.50CUC, un litro e mezzo d'acqua 0.70CUC, un phon 39CUC, una moka 60CUC e, essendoci un unico rivenditore (lo Stato), non c'è concorrenza né tantomeno beni o negozi alternativi su cui poter ripiegare.






Vinales, Provincia di Pinar del Rio

Ma allora come si fa a vivere con così poco? Raul, il padrone della casa particular dove ho pernottato a L'Avana, ci raccontava di come i suoi vicini -come del resto moltissimi altri cubani, a cominciare dai giovani- preferiscano passare le giornate a non fare nulla, o magari a vagare per le vie del centro chiedendo l'elemosina ai turisti, piuttosto che lavorare per lo Stato e guadagnare uno stipendio da fame. Basti pensare infatti che racimolando almeno 1$ al giorno si raggiunge lo stipendio di un bravo medico.






Un gruppetto di ragazzi gioca a scacchi in una via di Santiago de Cuba

E allora da dove proviene il denaro? Dall'estero. I cubani che hanno dei fratelli, figli, zii o cugini che vivono e lavorano al di fuori dell'isola sono i più fortunati. Cuba conta infatti circa 11 milioni di abitanti, ai quali vanno aggiunti altri 4 milioni circa espatriati dall'inizio della Rivoluzione del 1959, metà dei quali residenti a Miami e in Florida in generale. E' proprio grazie ai soldi inviati dalle famiglie che vivono all'estero, che alcuni cubani tirano avanti, ma chi invece non ha la fortuna di avere parenti o amici all'estero è sempre più in difficoltà.


Ma i cubani ci credono ancora?

Girando il paese in lungo e in largo si viene letteralmente bombardati da cartelloni, scritte, disegni, citazioni e molto altro che inneggiano al socialismo e a una rivoluzione continua e perenne. Non è raro infatti, camminando per la strada, entrando in un negozio o guardando la facciata di un edificio, scorgere frasi del tipo "Revolucion es modestia, desinteres, altruismo, solidariedad y heroismo -Fidel-" oppure "Socialismo o muerte!" o "Jamàs nos ocuparàn!" (Non ci occuperanno mai più! - riferendosi agli Stati Uniti -) e moltissime altre ancora. In breve, si è sottoposti letteralmente a un vero e proprio lavaggio del cervello.






"Hasta la victoria siempre" Una delle frasi più celebri del CHE, riproposta in tutte le salse e in ogni dove

Rispondendo alla domanda: ma i cubani ci credono ancora? Beh, la percezione che ho avuto io è stata NI. Se da un lato molti riconoscono i grandi miglioramenti che la Rivoluzione ha portato per il popolo cubano, dall'altro ammettono che Fidel ha portato avanti un modello socio-politico ed economico che non è più sostenibile e che deve evolversi.


Un paese senza criminalità

Malgrado l'elevato tasso di povertà e nonostante quello che normalmente si pensa, Cuba è un paese molto tranquillo e assolutamente non pericoloso. Per le vie è comunque molto presente la polizia -specie nelle località e nei quartieri più turistici-, per cui, a meno che uno i guai non se li vada a cercare, è difficile che loro vengano a cercare te (sempre con le dovute e comuni minime precauzioni). Cuba viene infatti considerata uno dei paesi più sicuri del Sud America.


Federico Disegni nasce a Torino nel 1988. Finito il liceo classico, si iscrive alla Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Torino, presso la quale prende la Laurea Magistrale in Economia e Management Internazionale nel Marzo 2013.
Sin da piccolo è un appassionato di fotografia: all'età di 13 anni si compra la sua prima macchina fotografica, una Sony Cyber-shot da 2.1 megapixel, rivoluzionaria per l'epoca in quanto una delle prime macchine fotografiche digitali sul mercato. Nel 2008 gli viene regalata la sua prima reflex, una Canon 1000D, grazie alla quale inizia sempre più ad appassionarsi ed avvicinarsi al mondo della fotografia. Il suo genere di fotografia preferito è da sempre stato quello di reportage, favorito anche dai numerosi viaggi effettuati soprattutto in Sud America e in Asia, sebbene ultimamente si stia appassionando anche alla fotografia di paesaggio.
Per visionare altri lavori e fotografie www.federicodisegni.com

venerdì 7 marzo 2014

Festa della Donne: Immagini Festa della Donna, Sfondi walpaper Festa della Donna


DA........

Il Fantastico mondo di Sognografica



Festa della Donne: Immagini Festa della Donna, Sfondi walpaper Festa della Donna




Ciao a tutti amiche in occasione della Festa della Donna

ho preparato queste tag per tutte voi

Prelevate il codice nella Texarea e inseritelo pure

nei Votri Blog o Siti
















Festa della donna, storia e
significato
Alessandra Nucci, studiosa del femminismo: l’8 marzo come Festa della donna risale alla III Internazionale comunista del 1921 a Mosca, dove Lenin lanciò la “Festa internazionale delle operaie”
E oggi, in un’epoca in cui si vuole tutto “naturale” e “olistico”, si cerca a tutti i costi manipolare la naturale fisiologia della donna, scorporandone la maternità come fosse un aspetto aggiuntivo

La festa delle donne ha assunto nel corso degli anni una valenza ideologica sempre più forte, al punto da essere espressione di una cultura radicale che identifica la figura femminile come ribelle contro le caratteristiche naturali di madre e moglie.

Dopo decenni in cui ha prevalso questa ideologia ha prevalso, sembra ora emergere una cultura nuova che fa riferimento all’insegnamento ed alla concezione antropologica cristiana.

Per saperne di più, ZENIT ha intervistato la dott.ssa Alessandra Nucci, Direttrice della rivista “Una Voce Grida…!” e studiosa dei fenomeni che fanno riferimento al femminismo e all’ecofemminismo.

La Nucci è anche Responsabile per l´area “Donna e culture” del Gruppo di Ricerca e Informazione Socio-religiosa (GRIS).

Qual è la storia ed il significato dell’8 marzo. E’ una vera festa per le donne?

Nucci: La mitologia femminista ha tramandato per decenni il racconto che la data dell’8 marzo fu scelta alla seconda Conferenza internazionale di donne socialiste a Copenhagen, nel 1910, per commemorare il massacro di oltre cento operaie di una camiceria di New York, intrappolate in un incendio appiccato dal padrone della fabbrica per vendicarsi di uno sciopero.

Qualche anno fa qualcuno è andato a spulciare le cronache vere, e si è saputo che un tale terribile incendio ci fu, ma che non era riconducibile né a scioperi né a serrate, che fece vittime anche fra gli uomini, e che avvenne nel 1911, un anno dopo Copenhagen.

Così adesso noto che le versioni che vengono avanzate si sono diversificate, cercando sempre però di ricordare qualche evento negativo che sarebbe avvenuto in America. In realtà, l’istituzione dell’8 marzo come Festa della donna risale alla III Internazionale comunista, svoltasi a Mosca nel 1921, dove fu lanciata da Lenin come “Festa internazionale delle operaie”, in onore della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo.

Il racconto di un 8 marzo istituito in memoria un massacro frutto di odio classista e capitalista fu opera del Partito Comunista Italiano, che nel 1952, in piena Guerra Fredda, pubblicò la cronaca di questo incendio vero, ma manipolato in chiave anti-americana. La versione fu ripresa dall’Unione Donne Italiane, il settore femminile della Cgil, per organizzare quell’anno la festa dell’8 marzo, e poi dalla Cgil stessa, che vi ricamò ulteriormente, aggiungendo altri personaggi al racconto due anni dopo.

La vicenda è indicativa dell’egemonia cercata, e alla lunga ottenuta, dalla sinistra italiana sulle istanze delle donne, dove spesso oggi anche la voce di chi di sinistra non è raccoglie gli stessi temi, le stesse parole d’ordine. Così l’8 marzo in Italia è effettivamente sentita come festa generica di tutte le donne.

Proprio in questi giorni si sta discutendo a New York (Pechino+ 10), della Piattaforma per l’Azione votata alla conferenza ONU di Pechino (1995) sui diritti della donna. C’è una notevole polemica che riguarda l’aborto, per molti è un diritto, un atto di libertà e di progresso dell’universo femminile. Lei che ne pensa?

Nucci: Quando in Italia, negli anni Settanta, si tenne il referendum sull’aborto, furono in molti a votare per la sua liberalizzazione perché convinti della necessità di mettere fine a un numero altissimo di aborti clandestini. Oggi però siamo andati ben oltre questo concetto di “male minore”, e un certo tipo di femminismo radicale ha dato all’aborto la dignità di vessillo di libertà, una conquista di cui andare molto fieri. C’è chi, addirittura, ne vuole fare un diritto umano, in nome della vita. La vita della donna, naturalmente, senza aver riguardo alla vita del figlio.

La donna si vuole presentare come minacciata non solo dall’incidenza della mortalità per aborti clandestini, che si presume altissima, ma anche dal fatto stesso della gravidanza e della maternità. E’ incredibile come in un’epoca in cui si vuole che tutto sia “naturale” e “olistico”, si voglia a tutti i costi manipolare la naturale fisiologia della donna, scorporandone la maternità come fosse un aspetto aggiuntivo.

Sta preparando un libro sul femminismo e sulle politiche antivita che alcune agenzie delle Nazioni Unite hanno praticato dalla fine degli anni Sessanta. In che modo la cultura femminista è stata strumentale all’applicazione di programmi per la riduzione delle nascite?

Nucci: Le politiche demografiche delle Nazioni Unite nascono dalla volontà di prevenire quella che viene percepita come un’imminente catastrofe demografica, nonostante i dati dicano il contrario. Non vi è dubbio però che il rinfocolato femminismo degli anni Novanta abbia prestato a queste politiche una nuova legittimità e militanza, specie con il vessillo dei “diritti riproduttivi”.

Secondo queste femministe, appartenenti a delegazioni governative e non-governative, ma anche inserite a tanti livelli diversi dello stesso sistema ONU, è di somma importanza liberalizzare l’aborto e inondare il mondo di contraccettivi, perché il bene primario della donna – che lo sappia o no – consisterebbe nel ridurre la maternità ad un’opzione marginale rispetto alle cose veramente importanti della vita.

Che cosa pensa della Carta della Terra che secondo alcuni dovrebbe sostituire la Dichiarazione dei Diritti Universali dell’Uomo adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948?

Nucci: Non saprei esprimermi meglio del Professor Michael Schooyans, per dire che la Carta della Terra è uno strumento ideologico anti-cristiano, utile a “legittimare politiche di controllo demografico su scala mondiale, specialmente nei confronti dei più poveri”.

Nell’estate dello scorso anno la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato un documento in cui analizza l’ideologia femminista e la confronta con la cultura cristiana. Qual è il suo parere in proposito?

Nucci: Il documento firmato dal cardinal Joseph Ratzinger e dall’arcivescovo Angelo Amato ha il pregio di mettere in guardia le donne dal rischio di favorire la creazione di una società dove le condizioni dell’umanità, e quindi della donna stessa, saranno molto peggiori di adesso. Bisogna rendersi conto che le campagne che riguardano la donna in realtà prendono di mira tutta la società. Adesso se ne rendono conto in poche, ma basterà che le donne ne diventino pienamente consapevoli: allora saranno in grado, insieme agli uomini, di ribaltare l’intero corso della storia.







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