domenica 28 settembre 2014

Death Valley - Viaggio nella storia della Terra

DAL SITO...................................JuzaPhoto



"In un viaggio, qualsiasi esso sia, l'importante non è solo il raggiungimento della meta, quanto il percorso per raggiungerla". E' questa una massima che ho sempre condiviso poichè il viaggiare credo sia non solo una scoperta di luoghi e nuove civiltà, ma anche forma emotiva ed interiore di continua conoscenza e scoperta di se stessi. E poi il viaggio, inteso nel senso escatologico del termine, non rappresenta forse una metafora dell'umana esistenza? Basti pensare ad Ulisse, simbolo di sete e di conoscenza, a Dante col suo viaggio allegorico...

Proprio recentemente sul Camino di Santiago un mattino ho incontrato Bruce: era partito da S. Francisco per fare il Camino a piedi da Roncisvalle a Santiago (oltre 800 km), durante il tragitto si era fermato a Pamplona per la Feria di S. Firmino, e lì, vestito di rosso, aveva sfidato i tori nella pazza corsa per le vie della città, travolto da un toro era stato anche lievemente ferito(le foto sullo smartphone erano eloquenti); eppure Bruce, con gli occhi azzurri e lo sguardo mite, mi aveva narrato questo evento come parte integrante del suo percorso, era stato preso da forti sensazioni, era un pò , la sua, la prova della riscossa di cittadino californiano abituato a vivere dentro un ufficio, alla ricerca di se stesso in una dimensione radicalmente differente da quella abituale. Keruac del resto insegna:"...dove andiamo?non lo so, l'importante è andare..."






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Dopo questa digressione sul senso del 'Viaggio' entriamo in tema. Ero già stato nella Death Valley molti anni fa, negli anni '90, con mia moglie e nostro figlio ragazzo; a quel tempo avevamo fatto un lungo tragitto attraverso il continente nordamericano dalla costa pacifica a quella atlantica passando anche per il Canada. Fu un viaggio molto spartano e fatto di continui spostamenti, effettuato in auto e dormendo per lo più in tenda nei campground; 15 mila km attraverso i grandi parchi dell'Ovest fino alle metropoli del nord-est. Allora era il mese di luglio non certo indicato per la Valle della Morte date le alte temperature che si raggiungono in estate(ricordo una temperatura di 48° a Bad Water, niente male!).

Ora ho scelto il mese di Aprile, ideale per fare percorsi a piedi senza caldo eccessivo neanche nelle ore centrali della giornata. Certo non avrei mai pensato di ritornare in questo luogo un giorno, è solo per il fatto che quel ragazzo di allora vive e lavora oggi in California per cui ogni volta che vado a trovarlo trovo il modo di conoscere più a fondo alcune zone molto belle di quella regione americana. La partenza è fissata per un giovedi mattina molto presto da S. Barbara direzione Los Angeles, deviazione sulla 14 per Randsburg e la 178 per Trona.

Lungo questo percorso si incontrano molti piccoli centri, quali Pioneer Point, la stessa Trona ed altri, adibiti soprattutto in passato, alla estrazione e lavorazione di vari minerali, la conseguenza è che molte aree risultano aride e brulle, l'aria grigia e carica di fumi. Colline sassose si susseguono in successione spezzate di tanto in tanto da laghetti semiprosciugati dal colore giallastro.Ad un certo punto ci troviamo di fronte ad una landa desolata con i binari di una vecchia ferrovia abbandonata: in lontananza si vedono ancora motrici e vagoni coperti di uno strato di ruggine che servivano con ogni probabilità per il trasporto dei minerali e fosfati estratti.

Dopo l'incrocio di Panamint Springs ci immettiamo sulla 190 ed in breve raggiungiamo il Town Pass da cui si domina la vasta area che confluisce nella Death Valley; in lontananza, all'orizzonte spicca una grande catena montuosa innevata con il Telescope Peak che svetta solitario con la sua forma triangolare a ricordare vagamente il nostro Cervino. Da qui la strada è una fettuccia rettilinea che si dipana a perdita d'occhio, quasi una grande immensa guida srotolata su un manto sabbioso per accogliere i visitatori nel suo ventre. In breve, dopo aver effettuato il pieno di benzina, arriviamo a Stovepipe Wells dove abbiamo prenotato un Lodge da alcuni giorni.
Dal punto di vista geologico è, questa, una delle regioni di più antica formazione della Terra: si è infatti formata in epoca precambiana, circa un miliardo di anni fa; vari sono i tipi di rocce che la compongono: il talco, di colore bianco, la lava, il tufo, la borace, ceneri...inoltre all'epoca delle glaciazioni si trovava in fondo al mare ed era ricoperta di uno spesso strato di sale; successivamente, dopo il sollevamento, venne riempita da grandi ammassi di ghiaia portata dai fiumi a valle.

Oggi si presenta come una vasta depressione, comprendente una parte di deserto roccioso, un'ampia zona di dune sabbiose ed una vastissima distesa piatta ricoperta da una dura crosta di sale. Mi è rimasta in mente (allora ero ragazzo) una famosa traversata a piedi di questa valle di Walter Bonatti con le sue stupende immagini in un servizio per Epoca negli anni '60, una rivista davvero speciale!

Stovepipe Wells

Appena arrivi, immediatamente, ti sembra di stare all'interno della scenografia di un film western: il General Store ci accoglie col suo recinto steccato di legno che corre lungo il lato della strada; tutto intorno vecchi carri e grandi ruote, ricordo delle antiche carovane, fanno bella mostra di se; c'è anche una vecchia autobotte rossa (proprio fotogenica!) dei vigili del fuoco, testimonianza delle passate attività estrattive in queste località.
Se non fosse per alcuni camper e per una ventina di Harley Davidson cromatissime, che brillano al sole, parcheggiate di fianco al nostro lodge, sarebbe potuta sembrare una veduta primi '900.








Sand Dunes

Dato che l'ora del tramonto si sta avvicinando scarichiamo le nostre cose in camera e ci dirigiamo alle Sand Dunes per ammirare e fotografare il paesaggio con la luce radente del tramonto; la serata è stupenda: lo spettacolo che si presenta ai nostri occhi è di quelli indimenticabili, una vasta area di dune disomogenee, disposte sia in senso trasversale che longitudinale, si intersecano a perdita d'occhio di fronte a noi fino ad una catena 'ininterrotta di monti' laggiù all'orizzonte.




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Luci ed ombre marcate creano uno strano paesaggio che muta aspetto ogni qualvolta cambio posizione anche di pochi metri; in lontananza alcuni ragazzi scivolano lungo le dune dall'alto verso il basso lasciando delle scie che si ricompongono in breve tempo. Intanto io cerco di arrampicarmi sulle dune più elevate per avere maggiore visuale e per poter isolare i dettagli più interessanti.





Quaggiù non si odono rumori, la strada è ormai molto lontana; solo una leggera brezza fa scivolare i granelli di sabbia lungo i ripidi pendii mentre le ombre si stanno allungando sempre più man mano che il sole si abbassa all'orizzonte. Regna una calma quasi spettrale tutt'intorno, solo le grida di alcuni bambini in lontananza spezzano una atmosfera carica di intense suggestioni.
Naturalmente effettuo una serie infinita di riprese fotografiche dalle panoramiche a quelle più dettagliate, in cui prevale la 'non forma', il paesaggio stesso cioè diviene forma astratta, non riconducibile ad una identità propria.





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E' ormai buio quando rientriamo per la cena; la stanchezza inizia a farsi sentire per cui andiamo a letto presto, l'indomani ci aspetta un'altra lunga giornata con un trek previsto tra i meandri di Zabriskie Point.


Zabriskie Point

Lasciata l'auto di buon'ora in parcheggio ci inoltriamo per uno stretto sentiero tra le pieghe di un paesaggio dantesco all'interno della regione denominata badlands a causa della sua siccità. Il territorio è costituito da una serie interminabile di lunghi canaloni, scavati nel corso dei millenni sul fondo di un antico lago da cui si sono formati sedimenti di fango e sale misti a ceneri vulcaniche.
Mentre cammino per questi stretti sentieri il panorama cambia in continuazione colore passando dal giallo-grigio all'arancio sfumato a seconda di come filtrano i raggi del sole dentro le profonde erosioni longitudinali che convergono verso il basso formando una enorme dorsale surreale.




E' un paradiso per i fotografi soprattutto nelle ore mattutine ed in quelle serali in cui i giochi di luci ed ombre creano uno spettacolo fantastico. Il silenzio avvolge ogni cosa; in lontananza laggiù, ecco il luogo della famosa scena dell'amore del film onirico di Antonioni del 1970: sembra quasi di rivedere i giovani che si rotolano per terra sollevando nuvole di polvere in una scena spettrale. E' il senso di una natura incontaminata, lo spirito di libertà, che il grande regista volle mettere in risalto in quel film in un periodo storico che portò radicali cambiamenti soprattutto nelle società occidentali.

Dopo alcune ore di cammino siamo giunti dentro un profondo canyon, il caldo, anche se non eccessivo, si fa sentire; il sole ormai alto sopra di noi appiattisce tutto il territorio in una colorazione slavata. Quando invece risaliremo a sera sulla parte elevata della piattaforma il panorama assumerà tonalità giallo-ocra fino al blu-violaceo della catena del Telescope Peak che si staglia all'orizzonte. In basso risplende la vasta distesa salata di Bad Water con i suoi bagliori accecanti.


Bad Water

Oggi ultimo giorno in questo ambiente particolare ed unico al mondo. Faremo un ampio giro fino alla piatta conca di Badwater (-86 mt sotto il livello del mare) passando per Harmony Borax, Devils golf course ed infine Artist Drive. Fatti una trentina di km ci fermiamo presso quella che un tempo era la miniera denominata Harmony borax, oggi naturalmente abbandonata, luogo storico, dove alla fine dell'800 la Pacific Coast Borax sfruttò i giacimenti di borace utilizzando tra l'altro delle squadre chiamate col nome di '20 Mule Team' (carri trainati da 20 muli). Lavorare in quelle condizioni climatiche non dev'essere stato semplice! Oggi ci sono numerosi reperti in un museo a cielo aperto.





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Un'alta parete rocciosa racchiude a nordest la vasta distesa salata di un antico lago prosciugato, di qui il nome di 'acqua cattiva'.
Strano effetto camminare su questa superficie abbagliante dove di tanto in tanto si possono scorgere delle risorgive di acqua densa verdastra sotto la crosta salina; pensare che qui ci sono alcune specie viventi tra cui il 'pupfish' ci fa riflettere su come la vita si sia adattata anche alle condizioni più estreme.

Da sud inizia a soffiare un vento secco ed arido che avvolge ogni cosa e penetra nei polmoni che sembrano quasi dilatarsi. Sul contrafforte alle nostre spalle sopra di noi una linea bianca ci ricorda dove arriverebbe il livello del mare. Il Devil's golf course è una vasta distesa pianeggiante anch'essa, sembra arata di recente, ed è caratterizzata da grandi zolle di terreno ricoperte di cristalli di sale. Solo il diavolo potrebbe giocare a golf in un campo del genere! Mi viene in mente che in questo ambiente ci si potrebbe realizzare un bel portfolio di tipo 'concettuale', beh rimandiamo alla prossima visita!





Lasciamo la 178 per attraversare quella che viene definita la strada degli Artisti; essa si snoda all'interno di una sorta di canyon dove i pigmenti dei vari minerali hanno dato alle rocce vulcaniche delle colorazioni molto intense e del tutto particolari: giallo, rosso, rosa, verde, viola...Una meraviglia a vedersi. Sarebbe interessante anche qui poter fare un tragitto a piedi tra le gole variopinte, ma ormai si è fatto tardi, Las Vegas ci attende con le sue luci inebrianti ed i verdi tavoli da gioco.



Darmar scrive di sè: "Ho iniziato a viaggiare fin da piccolo sulle strade dell'Atlante Geografico De Agostini; quanti incontri ed avventure immaginavo con la fantasia nei luoghi più stravaganti del mondo. Poi appena ho potuto il viaggio è diventato reale e ho avuto modo di conoscere luoghi e civiltà completamente diversi dalla mia. Abbinare poi la passione per la Fotografia è stato direi normale; ho attraversato gli ultimi 40 anni della storia della Fotografia stessa sia dal lato tecnico che estetico-comunicativo. Un salto abissale dagli apparecchi completamente manuali a quelli ultrasofisticati dei nostri giorni, chi avrebbe immaginato tanto! Tuttavia ritengo che la fotografia non sia riconducibile essenzialmente a fattori tecnologici."

martedì 23 settembre 2014