venerdì 29 marzo 2013

Le foto della Settimana Santa







DAL SITO.......................














Le foto della Settimana Santa

Cappucci, penitenti e chierichetti, tra le immagini delle celebrazioni che nel mondo precedono la PasquaQuesta settimana, i cristiani celebrano la Settimana Santa, una serie di commemorazioni religiose che nella tradizione cattolica vanno dalla domenica precedente la Pasqua (la Domenica delle Palme) al Sabato Santo, e che ricordano gli ultimi eventi della vita di Gesù. Il giorno della Pasqua, in cui i cristiani celebrano la resurrezione di Gesù, non fa parte della Settimana Santa. Le sue celebrazioni sono antichissime: le comunità cattoliche intorno al mondo hanno sviluppato riti e tradizioni molto diverse e, in alcuni casi, molto particolari.


Una delle tradizioni più scenografiche è quella delle processioni in molte città spagnole (la più famosa è quella di Siviglia) dove i membri delle diverse confraternite religiose indossano alti cappelli conici chiamati capirotes. Ma in tutto il mondo ci sono celebrazioni e rievocazioni: in un lago del Nicaragua le barche trasportano giovani che impersonano Gesù crocifisso, la basilica di San Pietro si riempie di chierichetti, e nelle fiere può capitare di incontrare personaggi minacciosi che con la Pasqua hanno poco a che fare.





Un flagellante a Cutud, nelle Filippine.

(AP Photo/Aaron Favila)









Gauhati, India.

(AP Photo/Anupam Nath)









Un penitente della confraternita “La Paz” in processione a Siviglia.

(CRISTINA QUICLER/AFP/Getty Images)
















Cardinali in processione a S. Pietro durante la domenica delle Palme.

(GABRIEL BOUYS,GABRIEL BOUYS/AFP/Getty Images)









Due sacerdoti in piazza San Pietro Pietro durante la domenica delle Palme.

(GABRIEL BOUYS,GABRIEL BOUYS/AFP/Getty Images)









Un membro della confraternita “El Jesus Nazareno” sistema una statua di Gesù a Suchitoto, El Salvador.

(CABEZAS/AFP/Getty Images)









Membri della confraternita “La Estrella” a Siviglia.

(CRISTINA QUICLER/AFP/Getty Images)









Una processione a Città del Guatemala.

(JOHAN ORDONEZ/AFP/Getty Images)









Penitenti della confraternita “Cristo de la Buena Muerte” a Zamora, Spagna.

(AP Photo/Daniel Ochoa de Olza)









La via crucis sul lago Cocibolca, in Nicaragua.

(HECTOR RETAMAL/AFP/Getty Images)









Una donna della confraternita “Virgen de la Esperanza” a Zamora, Spagna.

(AP Photo/Daniel Ochoa de Olza)









Alcuni studenti mettono in scena la passione di Cristo a Luque, Paraguay.

(NORBERTO DUARTE/AFP/Getty Images)









La processione nella basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme.

(GALI TIBBON/AFP/Getty Images)









Donne vestite con le tradizionali “mantillas” durante la processione della confraternita della “Virgen de la Esperanza” a Zamora, Spagna.

(Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images)









Chierichetti nella basilica di San Pietro.

(Dan Kitwood/Getty Images)









Una vetrina a Siviglia, Spagna.

(AP Photo/Emilio Morenatti)













Rami di ulivo a S. Pietro durante la domenica delle Palme.

(Dan Kitwood/Getty Images)









Una donna con il figlio durante le celebrazioni al centro religioso San Pio di Pietrelcina, nella città di Quezon (area metropolitana di Manila), Filippine.

(AP Photo/Aaron Favila)









Un penitente della confraternita “Los negritos” a Siviglia, Spagna.

(CRISTINA QUICLER/AFP/Getty Images)









La Domenica delle Palme a Managua, Nicaragua.

(HECTOR RETAMAL/AFP/Getty Images)









Un uomo impersona Cristo crocefisso a San Juan, Filippine.

(NOEL CELIS/AFP/Getty Images)









Un uomo della confraternita “La Paz” a Siviglia.

(AP Photo/Emilio Morenatti)









Fedeli durante la Domenica delle Palme a Bogotá, Colombia.

(AP Photo/Fernando Vergara)









Un penitente della confraternita “Santisimo Cristo de las Injurias” a Zamora, Spagna.

(AP Photo/Daniel Ochoa de Olza)









Un uomo pulisce una chiesa a Panama.

(AP Photo/Arnulfo Franco)









Un ragazzo con tre uomini travestiti da Predator, Alien e Darth Vader alla tradizionale fiera pasquale di Canaan a Ayacucho, Perù.

(AP Photo/Rodrigo Abd)









Flagellanti durante una processione nella città di Mandaluyong, area metropolitana di Manila, Filippine.

(AP Photo/Aaron Favila)









Un chierichetto prima di una processione a Siviglia.

(AP Photo/Emilio Morenatti)









Un penitente con le braccia steccate si riposa durante una processione nella città di Mandaluyong, area metropolitana di Manila, Filippine.

(AP Photo/Aaron Favila)









Membri della confraternita “Cofradia del Silencio” a Zamora, Spagna.

(Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images)









Una donna alla tradizionale fiera pasquale di Canaan a Ayacucho, Perù.

(AP Photo/Rodrigo Abd)









Un membro della confraternita “Jesus Yacente” a Zamora, in Spagna.

(AP Photo/Daniel Ochoa de Olza)









Un uomo recita il ruolo di Cristo in una messa in scena che ne ricorda la passione. Hyderabad, India.

(NOAH SEELAM/AFP/Getty Images)









Penitenti della confraternita “San Gonzalo” a Siviglia.

(AP Photo/Emilio Morenatti)









Una donna seduta vicino a pile di sedie che verranno usate durante le celebrazioni pasquali a Siviglia, Spagna.

(AP Photo/Emilio Morenatti)









Penitenti pregano a Mandaluyong, una città nella zona metropolitana di Manila, Filippine.

(AP Photo/Aaron Favila)



Un membro della confraternita “Las Cigarreras” a Siviglia, Spagna.

(CRISTINA QUICLER/AFP/Getty Images)










“Costaleros”, figure incaricate di trasportare le statue sacre durante la settimana Santa, a Siviglia.
(AP Photo/Emilio Morenatti)







Fedeli durante le celebrazioni della domanica della palme a Bogotá, Colombia.
(AP Photo/Fernando Vergara)

lunedì 25 marzo 2013

Fotografi emergenti, il talento non è abbastanza: «Serve disciplina»



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DAL SITO........


«Oggi vivere di fotografia è sempre più difficile», spiega Silvia Lelli, per diciassette anni fo





«Oggi il mercato della fotografia è in crisi. Negli ultimi decenni, con l'avvento del digitale, il prezzo delle foto è sceso molto e le cifre cui si vendeva prima sono crollate. I mensili comprano meno reportage e, se da un lato nella nostra società l'immagine sta conquistando sempre più importanza, sui giornali alle fotografie è destinato uno spazio sempre più piccolo». Silvia Lelli, per anni fotografa ufficiale del teatro alla Scala di Milano e oggi coordinatrice del Master in Fotografia dello Ied, traccia un quadro tutt'altro che positivo dello stato di salute della fotografia nel nostro Paese.

Eppure, sostiene, i fotografi non si trovano davanti a un vicolo cieco: con determinati accorgimenti e parecchia costanza, lavorare dietro l'obiettivo oggi è ancora possibile. Il trucco è sapersi adattare alle trasformazioni del mercato: «Il fotografo deve accettare il cambiamento e cercare di interpretarlo nel miglior modo possibile», spiega Lelli. «Per chi si stesse avvicinando alla professione, deve sapere che non sarà facile: ci vuole impegno, oltre ad una buona dose di talento».

Ma oggi si può campare di fotografia?
Di sola fotografia, no. Chi oggi vuole lavorare nel settore deve diventare un professionista completo, in grado di garantire al cliente una serie di servizi che va dallo scatto alla stampa. Oggi lavora chi, oltre a fotografare, se la cava anche con i video, con l'impaginazione, con il fotoritocco ed è in grado di realizzare un sito web. Ecco perché ai giovani fotografi consiglio spesso di lavorare in team: così ognuno può completare l'altro, esprimendosi al meglio nel settore in cui è più forte. Il cliente deve sapere che può contare su una squadra professionale, in grado di lavorare a 360 gradi sulla sua richiesta. Comunque, chi fa il fotografo deve sapere che non diventerà mai ricco, questa non è una professione che si fa per soldi. Spesso, tutto quello che si guadagna viene reinvestito in nuove attrezzature. Fare il fotografo è, piuttosto, una scelta di vita.

Cosa consiglia ai ventenni che si stanno avvicinando alla fotografia?
Il mio primo consiglio è di fare almeno un triennio universitario, per creare la forma mentis necessaria all'individuo per organizzare il proprio lavoro. Meglio se un percorso legato al marketing, dato che il fotografo deve diventare sempre di più l’imprenditore di se stesso. Bisogna imparare a proporsi in modo appetibile nel mercato del lavoro. Il secondo consiglio è quello, abbastanza ovvio, di nutrirsi di fotografia: frequentare mostre, sviluppare un senso critico dell'immagine, assorbire stimoli dai maestri e tradurli nell'impulso di scattare. E ricordarsi che, per iniziare a lavorare davvero, ci vogliono almeno cinque anni di gavetta.

Come si lavora a un progetto fotografico?
Bisogna crederci fermamente per portarlo a termine. È un lavoro faticoso e difficile, che richiede impegno: un fotografo non può alzarsi dal letto alle undici di mattina. Io vedo alcuni ragazzi che vorrebbero fare questo mestiere, ma non scattano mai. Non va bene! Devi sentire sempre la necessità di scattare se vuoi fare questo lavoro. Altrimenti è come chi vuole diventare scrittore ma non riesce a superare il foglio bianco. Al fotografo capita spesso di avere momenti di sconforto, in cui gli sembra di non avere più nulla da fotografare. Ma non si deve arrendere. Deve forzare se stesso, sottoporsi a nuovi stimoli. Vedere mostre, leggere poesie, cercare l'ispirazione altrove. Bisogna coltivare le proprie idee, pungolare la fantasia. Questo è un percorso doloroso ma necessario. Io ho una certa età, ma ancora non riesco a realizzare tutto quello che ho in testa…

Con la diffusione a buon mercato delle reflex, oggi diventare fotografo sembra essere più facile. Secondo lei questa diffusione massiccia e talvolta abusata del mezzo è un bene per la fotografia o rischia di abbassarne il livello artistico?
Fare foto oggi è facilissimo, basta un cellulare. È in atto un vero e proprio boom del mezzo. Questa espansione, però, non è destinata a durare per sempre. Poco tempo fa, un dirigente Canon mi diceva che la crescita proseguirà ancora per cinque anni, poi ci sarà una stasi. Per tornare alla sua domanda: quando cominci a lavorare, ti rendi conto che è la qualità che paga. I clienti cercano sempre prestazioni professionali, vogliono la qualità. Non basta possedere una macchina fotografica e pubblicare qualche scatto in internet per definirsi un fotografo.

Cosa ne pensa del fotoritocco?
Se fatto con competenza, ne penso tutto il bene possibile. Lo si faceva già ai tempi della pellicola, con un pennellino e altri strumenti. Oggi, semplicemente, è diventato accessibile a tutti grazie a Photoshop. Ma anche lì bisogna fare attenzione, perché è veramente difficile fare un buon ritocco.

Ci segnala qualche fotografo emergente che ritiene particolarmente meritevole?
Ce ne sono tanti. I primi che mi vengono in mente sono Stefano Vigni, che si occupa di reportage, Andrea Messana, fotografo di spettacolo e Serena Serrani, specializzata in food photography.



venerdì 22 marzo 2013

20 foto che hanno fatto la Storia


DAL SITO LIQUIDA MAGAZINE




Una galleria di immagini che raccontano la Storia dall'inizio del secolo scorso fino ai giorni nostri

di Elvezio Sciallis del 7 giugno 2011




Sentiamo spesso dire che un’immagine vale più di mille parole ma ci sono foto che, in alcuni casi, valgono quanto un intero capitolo di un manuale di Storia.

Difficile anzi, impossibile stilare qualche classifica di merito e importanza, in particolare se vogliamo limitare il nostro elenco a sole venti immagini, meglio allora considerare questamissione impossibile sotto un altro aspetto.

Ogni foto sarà ottimo motivo per fornirvi link a siti che si sono occupati, prima e meglio del sottoscritto, di segnalare con dovizia di particolari alcune immagini che hanno cambiato la storia del mondo. Così facendo si moltiplicheranno elenchi e segnalazioni, creando alla fine un insieme più rappresentativo e completo di quanto mai si potrebbe fare con un elenco di dieci inquadrature.

Partiamo, quindi, in ordine puramente cronologico …
20. Dorothea Lange, Migrant Mother (1936)



Ecco quanto ha da dirci Marco Crupi su questa immagine tanto intensa quanto drammatica:


Migrant mother fu probabilmente quella che tutt’oggi viene considerata un’icona della storia della fotografia: il soggetto è Florence Owens Thompson, una donna di 32 anni, madre di sette figli, immortalata nei pressi di un campo di piselli in California (il titolo originale, infatti, è Destitute Pea Picker), secondo molti, Florence Owens Thompson è l’icona della Grande Depressione. La Lange scattò l’immagine durante una visita ad un campo di raccolta di ortaggi in California nel Febbraio 1936, e mentre lo faceva, rese al meglio la resistenza di un’orgogliosa nazione che si trovava nel bel mezzo di una crisi mai vista prima.

Esiste un curioso aneddoto circa questa fotografia: nello scatto originale (conservato alla Library of Congress di Washington), appare una mano in basso a destra, che però nella foto andata in diffusione di stampa è stata ritoccata.
19. Murray Becker, Hindenburg (1937)



Altra immagine che chiunque ha ben presente e che ha fatto il giro del mondo. SecondoWikipedia:


L’LZ 129 Hindenburg è stato il più grande oggetto volante mai costruito. Era uno zeppelin tedesco e portava il nome del Presidente della Germania, Paul von Hindenburg.
Il 6 maggio 1937 alle 19:25 l’Hindenburg prende fuoco e viene completamente distrutto, nel giro di circa mezzo minuto, mentre cerca di attraccare al pilone di ormeggio della Stazione Aeronavale di Lakehurst nel New Jersey. Anche se il disastro è famoso, delle 97 persone a bordo, solo 36 morirono (13 passeggeri, 22 membri dell’equipaggio, e un membro dell’equipaggio a terra).
Il disastro è ricordato a causa della sua straordinaria copertura da parte di cinegiornali, fotografi e della testimonianza radiotrasmessa dal campo d’atterraggio dell’annunciatore Herbert Morrison. Le parole di Morrison non vennero trasmesse se non il giorno dopo, ma rimasero celebri le parole pronunciate al momento dell’impatto: “Oh, the humanity!”

18. Yousuf Karsh, Winston Churchill (1941)



Da Wickedreport:


La fotografia fu scattata da un professionista canadese, Yousuf Karsh, quando Churchill venne in visita a Ottawa. Il ritratto assicurò fama mondiale a Karsh e si dice che sia il ritratto più riprodotto e diffuso nella storia. Comparve anche sulla copertina di Life Magazine.
17. Joe Rosenthal, Raising the Flag on Iwo Jima (1945)

Quale migliore immagine di vittoria , utile anche in seguito dal punto di vista della propaganda? Questa foto richiama, in un gioco irripetibile, la seguente…


16. Alfred Eisenstaedt, The Kiss (1945)



Notissima scena di un marinaio e una infermiera che si baciano il 14 agosto 1945, alla notizia della fine della guerra. A sentire Eisenstaedt, uno dei migliori fotografi del secolo passato, il marinaio in questione, appresa la notizia, cominciò a correre per la strada baciando ogni singola donna che incontrava: belle, brutte, anziane o giovani, non faceva nessuna differenza!
15. Arthur Sasse, Einstein with his tongue out(1951)



Opportuno contraltare alla cupa serietà del ritratto di Churchill, ecco come questa immagine viene ricordata da Lomographyitalia:


Questa foto divertente del famoso fisico, Albert Einstein, fu fatta subito dopo il banchetto del suo 72esimo compleanno quando un gruppo di fotografi e reporter gli dissero di mostrare un sorriso. Non volendone sapere di mostrare un altro sorriso ai rumorosi media, fece una linguaccia e subito dopo girò il volto. Ma inaspettatamente, il fotografo Arthur Sasse premette il pulsante di scatto nel momento giusto e fece la fotografia più influente della sua carriera.

Albert Einstein era, tuttavia, un uomo molto ironico. Gli piacque talmente che la spedì come cartolina a tutti i suoi amici più cari. Alla fine, lui e la sua lingua divennero così famosi tanto che la fotografia è riprodotta in larga scala su differenti prodotti come poster e adesivi. E non è una sorpresa che questa foto venne battuta all’asta per la cifra di $72.300- facendola diventare la foto più cara che ritrae Einstein che sia mai stata venduta.
14. The Seven Year Itch, Marilyn Monroe’s Skirt Up (1954)



Billy Wilder trasforma la già famosa Marilyn Monroe in un’icona immortale:


Una delle scene diventerà famosa, verrà citata e parodiata innumerevoli volte fino a diventare un’icona del cinema del XX secolo: la scena in cui, all’uscita da una sala cinematografica, su una griglia di aerazione, la bianca gonna di Marilyn Monroe viene sollevata dallo spostamento d’aria provocato dal passaggio di un treno della metropolitana.
13. Korda, Che Guevara (1960)



Un’altra icona globale icona che si presenta da sola:


Un personaggio che non ha bisogno di presentazioni, in merito a questa foto facendo qualche ricerca ho scoperto che la leggendaria foto del Che è stata scattata dal fotografo Alberto Díaz Gutiérrez, detto Korda, con una Leica, all’Avana, nel 1960, in occasione della commemorazione delle vittime dell’attentato alla nave “La Coubre”. La foto però fu pubblicata molto più tardi, nel 1967, dopo la morte del Che, dall’editore italiano Feltrinelli, che la usò per la copertina del Diario del Che in Bolivia e per i famosi poster del Che. Peraltro si narra che Korda regalò la foto a Feltrinelli e che non ricavò neanche un centesimo da una delle foto più famose di tutti i tempi!
12. Malcolm W. Browne, Burning Monk (1963)



11 giugno 1963. Thich Quang Duc, un monaco buddista, sceglie di darsi fuoco in una zona molto frequentata di Saigon per protestare contro il regime oppressivo. Non muoverà un muscolo durante l’intera agonia. Malcolm W. Browne invece muoverà qualche muscolo delle dita per scattare la fotografia che gli guadagnerà Premio Pulitzer e World Press Photo of the Year.
11. Eddie Adams, Execution of a Viet Cong Guerrilla (1968)



Un ufficiale di polizia giustizia un uomo sospettato di essere un ribelle. Eddie Adamsimmortala il momento, vince il Premio Pulitzer e contribuisce al montante cambio di opinione sulla guerra del Vietnam.
10. William Anders, Earthrise (1968)



La fotografia più famosa e importante in assoluto? La meraviglia di assistere non a una “normale” alba del Sole ma a un’alba della Terra. E di essere il primo uomo a poter ammirare simile spettacolo. Cosa mai avrà pensato William Anders in quel momento?
9. Don McCullin, Biafra (1968)



Don McCullin, al tempo impegnato a scattare alcuni dei migliori servizi di guerra, rimane impressionato dalle carestie e sofferenze di questa regione, catturando una delle più terribili miserie umane in questa foto.
Come ci ricorda Nital.it:


Don McCullin è considerato uno dei più grandi fotografi di guerra del nostro tempo, l’erede di Robert Capa. Alcune sue immagini, quelle dal Vietnam in particolare (come la foto di un militare americano immobile e sotto shock), sono diventate rappresentative della Storia.

La sua carriera ha attraversato quasi per intero l’ultima parte del Novecento, un secolo di spietati conflitti spesso fotografati da Mc Cullin. Nato a Londra nel 1935, Don Mc Cullin cresce a Finsburry Park, un quartiere a nord della capitale britannica. Nel 1959 è all’Observer come responsabile del servizio fotografico e nel 1961 parte per Berlino a documentare la costruzione del Muro. Nel 1964 fotografa la guerra civile a Cipro e compie il suo primo viaggio in Vietnam.

È del 1965 il primo premio della Fondazione World Press di Amsterdam per i suoi reportage sugli avvenimenti ciprioti. Via via copre gli eventi in Nigeria (1968), Cambogia (1970), Pakistan (1971), Uganda (1972), in Medio Oriente per la guerra del Kippur (1973), a Phnom Penh nel 1975. Segue negli anni successivi tutti i maggiori conflitti fino a dire basta ai fronti di guerra e a consacrarsi a nature morte e paesaggi.
8. Iain McMillan, Abbey Road (1968)



Non solo immagine famosa ma anche fonte di infinite suggestioni e ipotesi sulla presuntamorte di Paul McCartney:


A destra si può vedere un furgone della polizia, dello stesso tipo di quelli che intervengono in gravi incidenti stradali; il suo numero corrisponde al veicolo in servizio la sera del tragico 9 novembre 1966!
A sinistra, invece, è collocata un Maggiolino Volkswagen bianco la targa è “28 IF”; cioè 28 se… infatti se Paul fosse stato in vita nel 1969 avrebbe avuto 28 anni!

Ma anche il retro della copertina mostra seri indizi, vi e raffigurato infatti un vecchio muro di mattoni riportava la scritta Beatles: una crepa attraversava la lettera finale, la “s”, suggerendo una frattura relativa al numero dei componenti della band. Subito a destra, un gioco di ombre che se capovolto di 90 gradi rivelava la figura di un teschio…
7. Huynh Cong Ut, Napalm Strike(1972)



Huynh Cong Ut congela per sempre il terrore di questi bimbi Vietnamiti in seguito a un attacco con il napalm, preoccupandosi poi di portar loro le prime cure con acqua per poi accompagnarli in ospedale.
6. Steve McCurry, Afghan Girl (1984)



Steve McCurry ha fotograto Sharbat Gula, la ragazza afgana dagli occhi verdi, a Peshawar in Pakistan nel 1984 in un campo di rifugiati.


Il suo sguardo fiero, immortalato da Steve McCurry in una foto scattata nel 1984, scelta poi come copertina da National Geographic l’anno dopo fece il giro del mondo, divenendo il simbolo della condizione dei profughi di ogni provenienza.

Identificata come la ragazza Afgana, è rimasta nell’anonimato fino al 2002, quando dopo 17 anni McCurry e la troupe della National Geographic Television hanno deciso di provare a darle un nome rintracciandola in un Agfanistan molto cambiato.

Da quest’operazione di ricerca la National Geographic produsse il documentario Search for the Afghan Girl mandato in onda per la prima volta il 9 marzo 2003, oltre a ridedicare una prima di copertina alla donna che per 17 anni era stata ignara della fama conquistata nel mondo dalla sua immagine.
5. Frank Fournier, Omayra Sanchez (1985)



Scattata in seguito all’eruzione del vulcano Nevado del Ruiz, Fournier ritrae questa ragazzina poco prima della sua morte, generando forte onda d’indignazione nei confronti della disastrosa inattività del governo colombiano in occasione del tragico evento.
4. Stuart Franklin, Tiananmen Square (1989)



Esistono vari scatti e filmati di questo evento, come ci ricorda ancora Marco Crupi:


Il Rivoltoso Sconosciuto, o “Tank Man”, è il soprannome di un ragazzo anonimo che divenne famoso in tutto il mondo quando fu filmato e fotografato durante la protesta di piazza Tiananmen il 5 giugno 1989. Sono state scattate diverse fotografie del ragazzo, in piedi di fronte ai carri armati modello 59 del governo cinese, sbarrandogli il passo. La versione più diffusa della famosa immagine è quella scattata dalla fotografa Jeff Widener (Associated Press) dal 6 piano dell’hotel di Pechino, lontano all’incirca 1 km, con una lente da 400 mm.

Un’altra versione è quella del fotografo Stuart Franklin della Magnum Photos. La sua fotografia è più vasta rispetto a quella della Weider, e mostra più carri armati di fronte al ragazzo. Nel 2003 è stata inserita nella rubrica “Le 100 foto che hanno cambiato il mondo” del magazine Life. Varie versioni dell’immagine sono state trasmesse dalla CNN e la BBC, attraverso dei filmati, in tutto il mondo.
3. Matuschka, Beauty out of Damage (1993)



Matuschka seppe che la sua mastectomia era inutile solo a conti fatti e divenne un’attivista, contribuendo più di chiunque altro alla lotta per sensibilizzare sul cancro al seno con questa foto apparsa sulla copertina di Glamour.
2. Richard Drew, The Falling Man (2001)



Non ci sono parole migliori di quelle scritte da Tommaso Pincio per descrivere questa fotografia:


Il 12 settembre 2001, a pagina 7 del New York Times comparve una foto scattata la mattina del giorno prima al World Trade Center. Mostrava un uomo che precipita nel vuoto. Dietro di lui, le due torri che di lì a poco sarebbero crollate. L’immagine scatenò un’ondata di protesta. Fu giudicata un intollerabile atto di sciacallaggio. Quell’uomo stava per schiantarsi al suolo. Si era gettato per sfuggire alle fiamme, era stato costretto a scegliere tra due diversi modi di morire.

Dare in pasto al mondo una simile tragedia era vergognoso, pura pornografia giornalistica. Onesta, perlomeno, fu la reazione del momento. Anche gli altri quotidiani che pubblicarono l’immagine furono subissati di insulti. Non fu più riproposta. Sparì dalla carta stampata ma rimase comunque impressa nella memoria collettiva. Il fatto che l’identità dell’uomo fosse ignota pesava come un macigno. Un giornalista cercò di dargli un nome. Fece ingrandire la foto. Scoprì che l’uomo era di carnagione scura, aveva il pizzetto e indossava una specie di casacca. Pensò fosse un ispanico che lavorava al Windows of the World, il ristorante in cima alla torre nord. Si mise allora sulle tracce di un certo Hemandez, si recò al suo funerale, mostrò la foto a una delle figlie.

«Quel pezzo di merda non è mio padre» disse la ragazza infuriata e intimò al giornalista di andarsene. Fu appurato che effettivamente non si trattava di Hemandez. In seguito, parve di poter identificare l’uomo della foto in un altro dipendente del Windows of the World, Jonathan Briley di quarantatre anni. Ancora oggi il nome di Briley è il più accreditato, ma niente e nessuno possono fornire una prova definitiva. Il solo nome certo è The Falling Man, titolo di un lungo e brillante articolo nel quale è raccontata la storia della foto. Pubblicato nel 2003 sulla rivista «Esquire», l’articolo offrì al cineasta Henry Singer lo spunto per un documentario che vide la luce tre anni dopo, 9/11: The Falling Man.

Secondo alcune stime più di duecento persone caddero o si gettarono dalle finestre dei piani più alti delle due torri. Le hanno chiamate jumpers, i saltatori. Duecento individui che hanno cercato scampo saltando nel vuoto. Qualcuno di loro, in un estremo tentativo di salvarsi, pensò di usare una tovaglia come paracadute. La gente che si trovava giù in strada vide le tovaglie strapparsi mentre i corpi, precipitando, acquistavano velocità. In molti fotografarono e filmarono. Per qualche minuto, nell’immediatezza degli eventi, anche le televisioni mostrarono i saltatori.

Nessuna di queste immagini ha però avuto l’impatto simbolico di Falling Man. È stato detto che Falling Man è il milite ignoto di quel giorno di guerra senza soldati che fu l’11 settembre. Ma perché proprio Falling Man? Cosa ha di tanto speciale? Le ragioni per cui i sentimenti delle masse finiscono per cristallizzarsi in una precisa immagine sono in parte inesplicabili. In parte, però, sono anche fin troppo chiare. Innanzi tutto la fonte: chi o cosa ha fatto sì che un frammento di storia si coni servi nel tempo. Falling Man fu scattata da Richard Drew, lo stesso fotografo che nel 1968 immortalò Bob Kennedy un attimo dopo che gli avevano sparato alla testa.

Nella stessa circostanza immortalò pure la moglie Hethel che implorava i fotografi di non fare fotografie. All’epoca Drew era un ragazzino di ventuno anni. Ne avrebbe avuti più di cinquanta quando, tre decenni dopo, la storia irruppe un’altra volta nella sua vita. Una fortuna che ti può capitare se fai il giornalista. La mattina dell’11 settembre Richard Drew si trovava a New York per fotografare una sfilata di abiti premaman. Il suo editor lo chiamò sul cellulare per dirgli di schizzare all’istante al World Trade Center. Un 747 si era appena schiantato contro una delle due torri. Giunto sul posto vide che gli aerei impazziti erano due, come le torri. In un batter d’occhio, era passato dai corpi di giovani donne incinte ai corpi di sventurati che si spiaccicavano al suolo dopo un volo di cento piani. Dalla vita alla morte, così. E che morte.

Drew si mise comunque al lavoro. Era li per quello, del resto. Le persone che fanno il suo mestiere non perdono tempo a pensare. Per loro una foto non è che un rettangolo da riempire in una frazione di secondo. Più importante dell’autore dell’immagine, però, è la sua natura. La gente che vide la foto sui giornali e si indignò non poteva sapere chi l’aveva scattata e perché si trovasse a Manhattan quel giorno. Solo col tempo alcuni sono giunti ad apprezzare l’inquietante simbolismo delle coincidenze messe insieme dal destino.
1. Washington Post, Abu Ghraib Prison (2004)



A pochi anni dagli eventi che riguardano l’immagine precedente, queste foto sgranate rivelano le torture effettuate dai soldati statunitensi nei confronti dei prigionieri di guerra, ribadendo ancora una volta con quanta deliberata leggerezza l’uomo possa far del male al suo prossimo.

Scegliere “solo” venti fotografie significa purtroppo rinunciare a tantissime altre immagini, mi auguro che in sede di commenti siate voi tutti a ricordare quelle assenti da questo elenco.