martedì 24 settembre 2013

Fotografia in Bianco e Nero, consigli utili e scatti suggestivi

DAL BLOG...................





Questo articolo è realizzato appositamente per i fotografi alle prime armi che intendono praticare l'arte della fotografia in bianco e nero, ma sono sicuro che anche i fotografi più esperti potranno trarre spunti interessanti.


Le 11 suggestive foto in bianco e nero sono state prese dal sito webneel.com, appartengono a diversi autori, solo quella del pugile è stata realizzata da me.







1) Scattate sempre in RAW: questo formato di immagine permette un maggior controllo nella fase di post-produzione e permette di ottenere risultati migliori durante la fase di conversione da foto a colori in bianco e nero. Il RAW permette di fare modifiche più spinte rispetto al JPEG, il motivo lo trovate a questo articolo: I formati delle immagini - Corso di Fotografia - Lezione 22


Se volete potete fare un test, scattate due foto uguali ma in formati diversi, in photoshop spingete al massimo con alcuni effetti e regolazioni, noterete che le foto in JPEG vi daranno meno libertà di azione rispetto a quelle in RAW perché perderanno molta qualità in certi passaggi.






2) Scattate sempre a colori: il motivo è ovvio, scattare a colori non vi preclude la possibilità di ottenere foto in bn, viceversa, scattando in bianco e nero vi precludete la possibilità di avere foto a colori. La conversione in bn fatta con Photoshop o altri programmi di fotoritocco non è inferiore a quella fatta in fase di scatto, anzi, la qualità è superiore, a meno che non abbiate una Leica M Monochrom, ovvero una fotocamera realizzata apposta per scattare in bianco e nero.

Ma la domanda che si pongono tutti è di tipo stilistico, bianco e nero o colore? la risposta la trovate a questo articolo: Bianco e nero o Colore? - Corso di Fotografia - Lezione 18






3) La composizione dell'immagine: quando decidete di voler realizzare delle fotografie in bianco e nero pensate in bianco e nero! Nella fotografia a colori contano molto le sfumature di toni, le combinazioni tra i vari colori ecc... mentre in quella in bn si devono trascurare i colori e pensarli soltanto in base alla possibilità di tradurli in bianco, nero e sfumature grigie, nonché di sfruttare i contrasti fra luce e ombra, assumono ancor più rilievo le forme e le geometrie!


Ovviamente si deve comunque tener conto di tutte le regole di composizione dell'immagine che trovate a questo articolo: La Composizione dell'immagine - Corso di Fotografia - Lezione 16











4) Gli ISO: a seconda di come sono impostati si ottengono due effetti diversi, ad alti ISO avremo foto in bn più granulose (come la foto del pugile qui in basso) mentre a bassi ISO un'immagine pulita e nitida. Non posso indicare un livello di ISO oltre la quale appare il rumore, perché varia a seconda della fotocamera impiegata.

Ovviamente consiglio di scattare a ISO standard o se proprio non è possibile alla sensibilità ISO più bassa possibile.


Per chi non sapesse come trovare il giusto equilibri tra ISO, tempi di scatto e diaframma lo rimando a questo articolo: ISO, diaframmi, profondità di campo e tempi di esposizione - Corso di Fotografia - Lezione 20







In questa fotografia ho optato per il bn perché a colori gli alti ISO davano veramente un effetto sgradevole, in questo modo sembra un bianco e nero con elevata grana.











5) Come convertire foto a colori in bianco e nero, ecco i migliori tutorial per Photoshop e Lightroom:


Come realizzare foto in bianco e nero di alto livello con i plugin per Photoshop
Come creare foto in bianco e nero - Tutorial per Photoshop
Come colorare foto in bianco e nero con Photoshop - Tutorial
Foto in Bianco e Nero con Photoshop Tecniche professionali
Conversione foto in bianco e nero con Lightroom - Tutorial
Effetto pellicola bianco e nero su foto digitali con Lightroom
Bianco e nero vintage con Lightroom - Tutorial















6) Per realizzare foto in bianco e nero di notte si utilizza la stessa tecnica di scatto per quelle a colori:Come fotografare di notte - Tutorial



domenica 22 settembre 2013

Fotografi emergenti, il talento non è abbastanza: «Serve disciplina» Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/corsi-di-fotografia#ixzz2fbuov1c6

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Intervista
Fotografi emergenti, il talento non è abbastanza: «Serve disciplina»

Valerio Bassan


«Oggi vivere di fotografia è sempre più difficile», spiega Silvia Lelli, per diciassette anni fotografa ufficiale del Teatro alla Scala e oggi coordinatrice del Master in Fotografia dello Ied. «Chi oggi vuole diventare fotografo deve sviluppare competenze tecniche a trecentosessanta gradi, diventando imprenditore di se stesso».




«Oggi il mercato della fotografia è in crisi. Negli ultimi decenni, con l'avvento del digitale, il prezzo delle foto è sceso molto e le cifre cui si vendeva prima sono crollate. I mensili comprano meno reportage e, se da un lato nella nostra società l'immagine sta conquistando sempre più importanza, sui giornali alle fotografie è destinato uno spazio sempre più piccolo». Silvia Lelli, per anni fotografa ufficiale del teatro alla Scala di Milano e oggi coordinatrice del Master in Fotografia dello Ied, traccia un quadro tutt'altro che positivo dello stato di salute della fotografia nel nostro Paese.

Eppure, sostiene, i fotografi non si trovano davanti a un vicolo cieco: con determinati accorgimenti e parecchia costanza, lavorare dietro l'obiettivo oggi è ancora possibile. Il trucco è sapersi adattare alle trasformazioni del mercato: «Il fotografo deve accettare il cambiamento e cercare di interpretarlo nel miglior modo possibile», spiega Lelli. «Per chi si stesse avvicinando alla professione, deve sapere che non sarà facile: ci vuole impegno, oltre ad una buona dose di talento».

Ma oggi si può campare di fotografia?
Di sola fotografia, no. Chi oggi vuole lavorare nel settore deve diventare un professionista completo, in grado di garantire al cliente una serie di servizi che va dallo scatto alla stampa. Oggi lavora chi, oltre a fotografare, se la cava anche con i video, con l'impaginazione, con il fotoritocco ed è in grado di realizzare un sito web. Ecco perché ai giovani fotografi consiglio spesso di lavorare in team: così ognuno può completare l'altro, esprimendosi al meglio nel settore in cui è più forte. Il cliente deve sapere che può contare su una squadra professionale, in grado di lavorare a 360 gradi sulla sua richiesta. Comunque, chi fa il fotografo deve sapere che non diventerà mai ricco, questa non è una professione che si fa per soldi. Spesso, tutto quello che si guadagna viene reinvestito in nuove attrezzature. Fare il fotografo è, piuttosto, una scelta di vita.

Cosa consiglia ai ventenni che si stanno avvicinando alla fotografia?
Il mio primo consiglio è di fare almeno un triennio universitario, per creare la forma mentis necessaria all'individuo per organizzare il proprio lavoro. Meglio se un percorso legato al marketing, dato che il fotografo deve diventare sempre di più l’imprenditore di se stesso. Bisogna imparare a proporsi in modo appetibile nel mercato del lavoro. Il secondo consiglio è quello, abbastanza ovvio, di nutrirsi di fotografia: frequentare mostre, sviluppare un senso critico dell'immagine, assorbire stimoli dai maestri e tradurli nell'impulso di scattare. E ricordarsi che, per iniziare a lavorare davvero, ci vogliono almeno cinque anni di gavetta.

Come si lavora a un progetto fotografico?
Bisogna crederci fermamente per portarlo a termine. È un lavoro faticoso e difficile, che richiede impegno: un fotografo non può alzarsi dal letto alle undici di mattina. Io vedo alcuni ragazzi che vorrebbero fare questo mestiere, ma non scattano mai. Non va bene! Devi sentire sempre la necessità di scattare se vuoi fare questo lavoro. Altrimenti è come chi vuole diventare scrittore ma non riesce a superare il foglio bianco. Al fotografo capita spesso di avere momenti di sconforto, in cui gli sembra di non avere più nulla da fotografare. Ma non si deve arrendere. Deve forzare se stesso, sottoporsi a nuovi stimoli. Vedere mostre, leggere poesie, cercare l'ispirazione altrove. Bisogna coltivare le proprie idee, pungolare la fantasia. Questo è un percorso doloroso ma necessario. Io ho una certa età, ma ancora non riesco a realizzare tutto quello che ho in testa…

Con la diffusione a buon mercato delle reflex, oggi diventare fotografo sembra essere più facile. Secondo lei questa diffusione massiccia e talvolta abusata del mezzo è un bene per la fotografia o rischia di abbassarne il livello artistico?
Fare foto oggi è facilissimo, basta un cellulare. È in atto un vero e proprio boom del mezzo. Questa espansione, però, non è destinata a durare per sempre. Poco tempo fa, un dirigente Canon mi diceva che la crescita proseguirà ancora per cinque anni, poi ci sarà una stasi. Per tornare alla sua domanda: quando cominci a lavorare, ti rendi conto che è la qualità che paga. I clienti cercano sempre prestazioni professionali, vogliono la qualità. Non basta possedere una macchina fotografica e pubblicare qualche scatto in internet per definirsi un fotografo.

Cosa ne pensa del fotoritocco?
Se fatto con competenza, ne penso tutto il bene possibile. Lo si faceva già ai tempi della pellicola, con un pennellino e altri strumenti. Oggi, semplicemente, è diventato accessibile a tutti grazie a Photoshop. Ma anche lì bisogna fare attenzione, perché è veramente difficile fare un buon ritocco.

Ci segnala qualche fotografo emergente che ritiene particolarmente meritevole?
Ce ne sono tanti. I primi che mi vengono in mente sono Stefano Vigni, che si occupa di reportage, Andrea Messana, fotografo di spettacolo e Serena Serrani, specializzata in food photography.

mercoledì 18 settembre 2013

Consigli su come fotografare in autunno

DAL SITO...........





Se il sonno è inverno e la primavera è la nascita, e in estate è la vita, poi in autunno le tornate ad essere di riflessione. E ‘un periodo dell’anno in cui le foglie sono il basso e la messe è in e le piante perenni sono esaurite. Madre Terra appena chiuso il drappeggi su un altro anno e sarà il momento di riflettere su ciò che è venuto prima.
Mitchell Burgess

di Mirko Sotgiu


Non c’è come la stagione autunnale per ricercare un’immagine rilassante e di riflessione. Come la primavera l’autunno regala uno dei momenti, in cui la natura offre i suoi migliori colori (restando alle nostre latitudini). Il bello di questa stagione è che il suo colore più acceso dura poco, specie in montagna, basta un anticipo di stagione, freddo intenso, tormente, forti perturbazioni che i nostri boschi perdono subito il loro fascino. Il soggetto più facile da incontrare in questa magica stagione sono le foglie che cadono e cambiano colore. Netta è la dominanza di rossi, gialli e arancioni, che in fotografia risultano molto forti e per questo bisogna stare molto attenti nelle inquadrature, ricordiamo che il rosso è un colore dominante che attrae molto l’attenzione dell’osservatore.



Proviamo a giocare con i colori, basta camminare in un bosco, magari vicino ad un torrente per trovar foglie posate sul greto o l’erba a far da contrato con toni dal giallo al grigio. Il bosco visto da lontano è un caledoscopio di forme e colori, le piante di specie differenti assumono colorazioni diverse, dal rosso dei faggi al giallo delle betulle, creando il cosidetto machiage.



Cambiamo punto di vista: troppo spesso vedo fotografare in posizione eretta, otterremo sempre foto di uguale prospettiva, proviamo ad abbassarci fino a coricarci sul terreno. Da questa posizione e con obbiettivi sia tele che grandangoli potremo concentrarci sulla vita alla base del terreno, dove si posano tutte le foglie. Quello che può sembrare un omogeneo tappeto in realtà è una serie di forme e forme che sporgono dal terreno.



Giochi con l’acqua; possiamo giocando con i tempi lunghi, creare degli effetti, con le foglie che viaggiano portate dalla corrente del fiume. Le frequenti piogge di questa stagione aiutano a trovare piccoli rigagnoli d’acqua che si insinuano fra il tappeto di foglie ormai cadute.



Il controluce: non c’è come questo periodo in cui le foglie diventando più esili e chiare. Non rimane che giocare con la luce del sole come retroilluminazione, sia che stiate a testa in su, che in piedi, potrete trovare inquadrature in cui il soggetto, la foglia, possa essere attraversata dalla luce solare.



I tramonti autunnali: E’ un parere personale, ma le migliori foto di tramonto le ho sempre realizzate in questa stagione. Spesso le nubi serali sono attraversate dalla luce del sole dal basso e il colore rosso è estremamente intenso, quindi perchè non giocare con queste luci e realizzare immagini dai toni caldo dal pastello al rosso intenso?

domenica 15 settembre 2013

LA STORIA DELLA FOTOGRAFIA APPLICATA ALLA TELEFONIA MOBILE

dal blog............Marco Crupi Blog Fotografico



LA STORIA DELLA FOTOGRAFIA APPLICATA ALLA TELEFONIA MOBILE
Questo articolo a parte della rubrica: Storia della Fotografia


La fotocamera incorporata sui telefoni cellulari è stata senza dubbio una grande innovazione, e da sempre è una delle componenti più guardate al momento dell'acquisto di un telefono.


In questo articolo ripercorrerò la sua evoluzione nel corso degli anni, per chi come me che faccio parte di una generazione, quella dell'88, che ha visto i primi cellulari trasformarsi da mattoni a "veramente portatili" e che ha vissuto il boom del nokia 3310, non può non leggerlo senza provare un po' di nostalgia.



Il primo dispositivo mobile dotato di fotocamera è stato inventato nel giugno del 1997 da Philippe Kahn. Questa invenzione è stata una miscela di più dispositivi: computer portatile, telefono cellulare e fotocamera digitale.


La prima foto scattata e inviata da questo dispositivo è la figlia appena nata di Philippe Kahn.


Anche se Kahn iniziò a lavorare con Motorola per lo sviluppo di un telefono in grado di scattare foto, il primo cellulare con fotocamera a noi noto è ilSamsung SCH-V200, un terminale che è stato lanciato in Corea del Sud nel giugno 2000, era dotato di una fotocamera da 0,35 Megapixel e poteva memorizzarne massimo 20 fotografie.



Molti sostengono che sia lo Sharp J-Phone J-SH04 il primo cellulare con fotocamera, dotato di una
fotocamera da 0,11 MP, ma è stato rilasciato nel novembre 2000 in Giappone. Curiosamente, questo Sharp è stato il primo telefono in grado di inviare le immagini in modalità wireless.

Il primo terminale con fotocamera che si fece in USA fu il Sanyo SCP-5300, un telefono a forma di "guscio" prodotto nel novembre 2002, con una fotocamera da 0.3 MP realizzava immagini da 640×480 pixel di risoluzione, le impostazioni erano personalizzabili, come il controllo del bilanciamento del bianco, si poteva settare l'autoscatto, usare lo zoom digitale e i filtri seppia, bianco e nero, negativo ecc .


Quell'anno uscì anche il Nokia 7650 con fotocamera da 0,3 MP, il primo terminale dell'azienda a sfruttare commercialmente la fotocamera, il prezzo era di circa 600 euro.



La pubblicità del Nokia 7650 merita di essere vista.




A seguito di tali uscite, anche aziende come Sony Ericsson e Motorola si lanciarono nel campo della fotografia mobile con il Sony Ericsson P800, uscito alla fine del 2002 sotto forma di macchina fotografica PDA e VGA, e il Motorola E365, del 2003, con lo stesso tipo di macchina fotografica VGA.


La prima azienda a raggiungere un megapixel di risoluzione fu la Samsung nel 2003. Il prezzo di questi dispositivi continuava a scendere man mano che il loro mercato si espandeva, nel luglio 2004 arrivò Audiovox PM8920, con fotocamera da 1.3MP, poteva realizzare immagini da 1280×960 pixel di risoluzione.



Nel 2005 Nokia ha lanciato il Nokia N90, un telefono che ricordava una videocamera e aveva una fotocamera da 2MP, ottica Carl Zeiss, autofocus e flash LED.



Sony Ericsson lanciò nel 2006, il Sony Ericsson K800i dotato della stessa fotocamera del K790i da 3,2 MP e autofocus, stabilizzatore di immagine e flash Xenon. Nokia ha risposto con modelli come il Nokia N73.


Samsung fu la prima a lanciare un terminale con fotocamera da 5 MP, nel 2004 con il modelloSCH-S250. Tempo dopo Nokia lanciò il Nokia N95 da 5MP, presentato nel 2006 e rilasciato nel 2007. L'N95 aveva la migliore fotocamera da 5MP all'epoca presente sul mercato, aveva un'ottica Carl Zeiss e poteva registrare video a 30 fps!





Nel 2007 esce sul mercato il primo iPhone, con una fotocamera da 2 MP ma sprovvisto di flash LED e autofocus, non poteva realizzare neanche video, la sua grande innovazione fu l'aver introdotto il Touchscreen su un dispositivo di questo tipo. Ci tengo a precisare che il primo smartphone è dell'ibm/bell e risale al 1993, l'iphone del 2007 ha però il merito di aver innovato il mercato della telefonia mobile, tutte le aziende copiarno il sistema touchscreen e il sistema di app.


Da questo punto in poi la fotografia mobile diventa Social, grazie a facebook, instagram e ai vari social network che metteranno a disposizione dei moderni smartphone le app che oggi tutti noi conosciamo bene.



Nel 2008 Samsung ha introdotto il Samsung i8510 , conosciuto come INNOV8 (innovare), il primo terminale con fotocamera da 8 MP. Nokia si rispose con il Nokia N86, fotocamera da 8 megapixel, ma fu LG a lanciare il primo terminale touchscreen con fotocamera da 8 megapixel, l'LG Renoir.



Successivamente uscì il Samsung G800, il primo cellulare con fotocamera con zoom ottico 3x .


Saltiamo al 2009, anno in cui Samsung ha lanciato il Samsung M8910 Pixon12, con fotocamera da 12MP, che è stato rapidamente eclissato dal Nokia con il suo Nokia N8 da 12MP di fotocamera e da Sony Ericsson nel 2010, con il Sony Ericsson S006 con fotocamera da 16 MP.




Nel 2011, sia LG che HTC lanciarono sul mercato dei terminali con fotocamere 3D, l'HTC EVO 3D e LG Optimus 3D: si trattava di un sistema che sfruttava due macchine fotografiche da 5MP per creare immagini stereoscopiche, per poi essere viste sui loro schermi con tecnologia 3D senza occhiali. La domanda di questi terminali fu bassa, per questo oggi non sono più presenti sul mercato smartphone 3D.



Nokia ha voluto differenziarsi dalla concorrenza inserendo un sensore di immagine addirittura più grande di quello di una fotocamera compatta e dal numero di megapixel a mio dire esagerato, 41MP, questa tecnologia venne chiamata "Pureview" ed è stata ideata per sopperire all'assenza di zoom ottico.





Tale tecnologia è già passata attraverso almeno tre fasi distinte: il primo smartphone a includerla fu il Nokia 808 PureView con sistema operativo Symbian, il secondo fu il Lumia 920 Nokia e il terzo ilNokia Lumia 1020.



Oggi gli smartphone stanno prendendo esempio da Nokia aumentando la dimensione dei sensori fotografici, il resto è attualità sulla quale non mi pronuncio in questo articolo.


Dopo tutto quello che abbiamo visto è inevitabile continuare a chiedersi: Che cosa ci riserverà il futuro?

giovedì 5 settembre 2013

Chi ha fatto la foto di Bolt col fulmine

DAL SITO........IlPost



Chi ha fatto la foto di Bolt col fulmine






Da domenica sera ha fatto il giro del mondo: Oliver Morin, fotografo di AFP, racconta come ci è riuscito e si prende soltanto «l'un per cento del merito»




Domenica sera, dopo che il giamaicano Usain Bolt ha vinto la medaglia d’oro nei 100 metri ai mondiali di atletica leggera di Mosca, è circolata molto online una foto che lo mostra mentre corre sullo sfondo di un cielo illuminato da un fulmine. La foto era perfetta: mostrava Bolt dopo la vittoria, ottenuta sotto la pioggia, con un fulmine dietro di sé. Bolt in inglese significa fulmine, il fulmine è simbolo di velocità, Bolt è l’uomo più veloce del mondo.

La foto è stata scattata dal fotografo francese Olivier Morin, che lavora da 25 anni per Agence France-Presse (AFP). Morin ha raccontato sul blog dell’agenzia fotografica come è riuscito a scattare un’immagine diventata subito iconica, e di cui si prende soltanto «l’un per cento del merito».



(l’immagine si ingrandisce con un clic)

Prima dell’inizio della gara Morin aveva sistemato cinque macchine fotografiche comandate a distanza lungo il percorso, così da poter fotografare il vincitore da diverse angolazioni. Ovviamente non poteva sapere se Bolt avrebbe vinto, ma la cosa era molto probabile e si era quindi concentrato sulla sua corsia. L’ultima macchina fotografica era stata posizionata a 30 metri dal traguardo, piuttosto lontano rispetto a quanto faceva di solito. «L’idea era fare una foto al vincitore con le braccia alzate e con lo stadio alle spalle, e catturare anche un po’ di cielo. Stavo pensando a un’immagine duratura più che a un classico scatto da notizia».

Morin ha spiegato che mentre Bolt tagliava il traguardo sembrava non provare emozioni, non ha esultato subito: la sua reazione era arrivata più tardi. Nel frattempo Morin aveva deciso di scattare comunque una foto con la macchina che aveva in mano e di attivare le altre cinque con un interruttore a pedale. Le immagini scattate con la sua macchina vengono trasmesse direttamente al photo editor di AFP, mentre quelle catturate a distanza sono trasferite sul suo computer. Morin ha raccontato di averlo aperto e aver iniziato a guardare le immagini in un formato piccolo. All’inizio non aveva visto il fulmine. Poi, dopo aver ingrandito le foto, lo aveva trovato in quattro immagini: due erano inutilizzabili per il cielo troppo scuro, «ma nelle altre due, grazie a un po’ di fortuna, il fulmine si vedeva per bene. Avevo fatto “lo” scatto». Morin ha detto in un’intervista aNBC che «quando ho visto il fulmine ho pensato che si trattasse di una foto speciale. Una buona foto. Ma aveva sottovalutato l’impatto che avrebbe avuto l’immagine».

Secondo Morin, se non fosse stato per il fulmine la foto sarebbe stata inutilizzabile: Bolt «non mostrava nessuna reazione. Il traguardo sembrava un luogo neutrale per lui. Non c’era niente in questa foto: il 99 per cento è dato dal fulmine. È pura fortuna». Morin ha sottolineato che le uniche cose che poteva controllare erano l’inquadratura e il momento giusto in cui far scattare le macchine fotografiche: «il fulmine, beh, quello non potevo pianificarlo: anche se, visto il cielo in tempesta, tutti i fotografi avevano borbottato per 20 minuti sperando di catturare un fulmine». Morin ha concluso dicendo che «si tratta di un momento che capita una volta sola nella vita. Non mi è mai successo prima in 25 anni, da quando iniziato a lavorare. Penso che se ci provo per i prossimi 50 anni non succederà di nuovo».

Foto: OLIVIER MORIN/AFP/Getty Images



domenica 1 settembre 2013

IL DUBBIO FOTOGRAFICO: Fotoamatori o Professionisti?



DAL SITO

     Circolo Fotografico

          Circolo di Cultura Fotografica

      



Riflessioni e Commenti più o meno famosi a confronto

“ Io sono troppo serio per essere un dilettante, ma non abbastanza per diventare un professionista”
( dal film La Dolce Vita di Federico Fellini )


Seppure determinante, la partita Iva non è l’unica discriminante per stabilire la differenza fra fotografi professionisti e fotoamatori dilettanti.
A molti appassionati di fotografia ad un certo punto è venuto il desiderio, l’aspirazione di fare il passo decisivo e diventare un professionista dell’immagine. Ma è successo anche che molti professionisti abbiano avuto o continuano ad avere dei dubbi sulla loro scelta.
Molti, con il tempo, per necessità sono diventati fotonegozianti, che è una attività affine ma non corrispondente.
E’ una scelta di vita, ma è anche economica e culturale. Le illusioni e le delusioni si avvicendano di continuo e non sempre viene premiato il più capace fotograficamente, il più preparato o il più creativo.



Ho qui raccolto, senza entrare in merito, alcune riflessioni o commenti di persone legate al mondo della fotografia su questo argomento.
Roland Barthes: “Di solito, il dilettante è definito come un’immaturazione dell’artista, uno che non può o non vuole innalzarsi sino a dominare una professione. Ma nel campo della pratica fotografica, è invece il dilettante ad essere l’esaltazione del professionista. E’ lui infatti che sta più vicino al Noema della Fotografia”.
Sam Haskins: “La mia filosofia è di non essere mai soddisfatto. Non bisogna passare il tempo a rimirare i lavori eseguiti, magari pensando “quanto sono bravo”. E’ più utile studiare la maniera migliore per ottenere, domani, immagini più belle. Bisogna tendere sempre a migliorare il lavoro che si farà, piuttosto che essere soddisfatti di quello già fatto. E’ un consiglio che mi sento di dare a quanti vogliono specializzarsi in questo campo. Il mondo è ricco di fotografi in gamba, che lavorano sodo. Non c’è posto per il dilettante, quello che lavora con approssimazione.

Vilem Flusser: “L’autore di scatti fotografici è diverso dal vero fotografo nel fatto che la complessità strutturale del suo giocattolo gli procura piacere. In contraddizione col vero fotografo, il fotografo amatoriale non cerca nuove mosse, informazioni reali, l’improbabile; al contrario, preferirebbe semplificare sempre più la sua funzione aumentando sempre più le procedure automatiche della macchina fotografica. L’automazione della macchina, che è per lui incomprensibile, lo inebria. I Circoli Fotografici, per esempio, sono i luoghi dove si realizza questa ebbrezza da impenetrabilità delle complessità della macchina fotografica, luoghi per viaggi psichedelici, sono le Fumerie d’Oppio post industriali. Questa mania fotografica dell’eternamente riprodotto, della ripetizione della somiglianza (o del similare) raggiunge il punto in cui il fotoamatore si sente cieco se privato della sua macchina: dipendenza da droga.Il fotoamatore non può più vedere il mondo se non attraverso la macchina fotografica e le categorie del programma della macchina. Non trascende più la macchina, ma è divorato dalla sua ingorda funzione. Diventa lo scatto automatico, prolungamento della macchina. Il suo comportamento è una funzione automatica della macchina stessa. Il risultato di questa mania è un flusso continuo di immagini senza alcuna coscienza. Quando guardiamo l’album fotografico di un fotoamatore, non stiamo guardando le esperienze, la conoscenza o i valori di una persona distinta così come sono stati registrati dalla macchina fotografica; stiamo guardando molto più le virtualità della fotocamera così come sono state realizzate dalle sue funzioni automatiche. Un viaggio diventa un magazzino dei luoghi e dei momenti in cui il fotoamatore è stato sedotto dalla sua macchina a fare fotografie. L’album di un tale viaggio mostra i luoghi dove la macchina fotografica si è fermata e ciò che ha fatto in quei posti. Il documentarista, come il fotoamatore, è interessato a riprendere vedute sempre più nuove esattamente nello stesso modo di sempre. Il vero fotografo, nel senso inteso in questo saggio, è interessato a vedere in modi sempre più nuovi, e quindi a produrre situazioni sempre più nuove, più informative. I fotoamatori e i documentaristi sono inconsapevoli di ciò che è implicato nell’informazione. Ciò che loro producono sono ricordi della macchina fotografica, non informazioni, e più abilmente lo fanno, meglio documentano la vittoria dell’apparato sull’uomo. Chi scrive deve essere padrone delle regole di ortografia e di grammatica. Chi scatta fotografie ha solo bisogno di seguire le istruzioni date dalla macchina fotografica.
Questa è la ragione per cui il fotoamatore è incapace di decifrare le sue fotografie: le prende per immagini del mondo prodotte automaticamente. Questo porta al paradosso che, più la gente scatta fotografie, meno è capace di decifrarle. Nessuno crede necessario decifrarle perché ognuno pensa di sapere come farle.

Ando Gilardi: Quando guardo i periodici dedico la migliore attenzione alle immagini della pubblicità: sono quelle che hanno richiesto più discussioni, ricerche, verifiche, collaborazioni, attrezzature e spese di produzione. In poche parole: più forza lavoro di tutti gli altri generi della fotografia: intellettuale, materiale e professionale.

Allo storico del futuro della nostra società dirà dunque più cose un’immagine pubblicitaria di diecimila istantanee di cronaca.
Ando Gilardi: Illudendo i suoi amanti sfrenati, la fotografia rimuove i complessi, appaga smanie intellettuali e sazia la fame creativa degli impotenti.

Roberto Tomesani: Chi ha maggiori capacità creative è di solito carente di realismo commerciale, e non si rende conto di cosa possa effettivamente servire ai clienti.

D’altro canto, spesso chi ha buone capacità commerciali e di intuizione delle esigenze del mercato difetta di vere capacità creative.
Berenice Abbott: I fotoamatori imitano i pittoralisti perché è la via più facile e fanno la gioia degli industriali col loro consumo prodigo di pellicole, carta da stampa e macchine fotografiche a basso costo. Il risultato è una sorta di produzione di massa di fotografia, limitata quanto a tematica, trita e banale nell’approccio.

Lionel Trilling: L’artista dilettante imita, quello professionista ruba.